Un mix di liberali e conservatori tutti invariabilmente liberisti, uomini vicini a Bourguiba,
come il leader ottantottenne Essebsi, ministro degli interni e degli esteri del
presidente-padrone, poi premier lui stesso per dieci mesi del 2011, dopo la
fuga del despota Ben Ali. Nidaa Tounes, il nuovo primo partito della Tunisia
elettorale, è una creatura di due anni di vita e appare come un coacervo di componenti
unite dall’interesse di contrastare l’Islam politico di Ennahda, che timori e
odi ha creato fra cittadine e cittadini della società laica. Eppure accanto ai
volti di tanti giovani e speranzose donne appaiono certi businessmen, definiti
dalla stampa economica compari di Ben Ali. Divenuti suoi amici subito dopo la presa del potere tramite il “colpo di Stato
medico”, lo stratagemma cui prestò consigli in qualità d’esperto d’intrighi
internazionali, il premier italiano dell’epoca Bettino Craxi. Insomma nel
partito del rilancio laico circolano affaristi poco raccomandabili, sodali del
clan mafioso dei Trabelsi, cui apparteneva Leila, tragica first lady della
Repubblica tunisina.
Durante la governance dei coniugi Ben Ali il Paese era messo a servizio dell’affarismo corrotto d’imprenditori,
taluni locali, molti stranieri, senza che la popolazione ne ricevesse benefici
economici e d’emancipazione sociale. Al di là della zona costiera, dove si
concentravano alcune industrie e si sviluppò un’attività turistica, il resto
del territorio restava arretrato e abbandonato, la redistribuzione della ricchezza
era inesistente sia negli scarsi salari, ridotti anche nelle aree produttive
diffusamente sindacalizzate, sia negli introvabili servizi. Per tacere del sud
e di zone periferiche soffocate da disoccupazione e carovita. E’ così che si è
giunti a Sidi Bouzid, al gesto estremo dell’ambulante Bouazizi immolatosi fra
le fiamme e divenuto miccia della ribellione all’uomo che guidava la nazione
con 99% di consensi. Il resto è storia nota: la sua fuga precipitosa a Jeddah,
le casse coi denari di famiglia smistate nei paradisi fiscali e in istituti di
credito sicuri. Quindi sul fronte della “rivoluzione dei gelsomini” sogni e speranze
d’acquisire dignità sono finiti nell’urna e poi nelle mani dell’islam di
Ennahda che prevaleva su tutti.
Pur non comportandosi come la Fratellanza egiziana, il gruppo di Gannouchi ha avuto un rapporto controverso
con l’amministrazione pubblica, toccando con mano la difficoltà nell’affrontare
questioni d’investimenti e lavoro per evitare i ‘balzi dell’illusione’ verso
Lampedusa. Tutto inutile, perché disoccupazione e disperazione continuano a
intossicare la vita dei giovani più poveri e obnubilarne la mente col mito del
denaro facile all’estero. A qualcuno il micro affarismo, spesso basato sulla
criminalità piccola o media dello spaccio, riesce. A qualcuno. Gli altri rimangono
a sperare in governi con risorse e idee scarse o tramutano la rabbia in guerra
santa. Ansar Al-Sharia è stata, ed è, una realtà presente nel Paese e odierne statistiche
sull’ondata dell’internazionalismo jihadista parlano di quattromila combattenti,
divisi fra Siria e Iraq, provenienti dalla Tunisia. Se tutti motivati
politicamente, pur nel sanguinario progetto del Califfato, è da vedere. In ogni
caso chi come Jund al-Khilafa, ha rapito e ucciso la guida alpina Gourdel l’ha
fatto da retroguardia d’un banditismo posto a metà strada fra crimine e disegno
politico.
Contro l’aria cupa che un certo salafismo - da cui Ennahda ha preso le distanze dopo gli omicidi degli
attivisti Belaid e Brahmi - agita soprattutto nelle aree periferiche, il movimento
laico ha ripreso forza. Non solo quello progressista vicino al Fronte Popolare,
ma l’aggregazione diventata maggioritaria nel calderone di Nidaa Tounes, dove
le forze volontarie che raggiungono la
ragguardevole cifra di 100.000 unità possono finire per far da volano alla
restaurazione d’un passato già noto. Un grido dall’arme lo lancia in queste ore il leader del Partito
Repubblicano e presidente ad interim Moncef Marzouki. Intervenendo all’avvìo
delle elezioni presidenziali previste per il 23 novembre, l’attivista per i
diritti umani che ha conosciuto carcere e tortura del regime di Bourguiba mette
in guardia da possibili rigurgiti di autoritarismo già vissuti dalla gente di
Tunisia. Marzouki ammette personali errori del recente passato politico,
principalmente sul non brillante governo islamico appoggiato anche dal suo
partito ed Ettakotol, ma invita i laici democratici a guardarsi attorno. Su 27
candidati alla presidenza i più accreditati sono lo stesso Marzouki, Essebsi e
Slim Riahi, un affarista posto a capo dell’Unione Libera Patriottica, il
raggruppamento giunto al terzo posto nelle consultazioni della scorsa
settimana.
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