Non s’è fatto attendere il dissenso dei Taliban al piano d’unità
nazionale con cui il segretario di Stato americano Kerry pensa di placare i
dissapori presidenziali fra Abdullah e Ghani. Gli attentati sull’intero
territorio proseguono e dopo il ferimento, nella controllatissima Kabul, di due
collaboratori del leader uscente Karzai, giunge l’ennesima esplosione. Stavolta
in grande stile, un botto che spezza 89 vite a Paktika, sul confine pakistano.
Si tratta d’una località a ridosso dell’amministrazione federale delle aree
tribali (Fata) dove agisce la componente della rete di Haqqani. L’attentato ha
falciato donne e uomini nella frequentata zona del mercato in pieno periodo di
Ramadan, quando di giorno si fa la spesa per i pasti serali. Lo stillicidio nei
confronti dei civili prosegue su tutti versanti, la gente muore per le bombe sganciate
dai droni dell’Isaf a caccia d’insorgenti e per il terrore seminato da
quest’ultimi verso chi veste la divisa dell’Afghan National Army. I decessi
causati dai mai dismessi Ied, i piccoli ordigni artigianali disseminati sul terreno,
sono nuovamente aumentati, addirittura del 13% con oltre 200 incidenti che
hanno provocato 150 vittime e circa 500 feriti. Invece le auto-bomba, come
quella esplosa a Paktika, possono avere matrici varie. Alcune innescate da
Intelligence votate a deteriorare quel che ancora c’è di deteriorabile nella quotidianità,
seminando paura fra la popolazione e puntando ad allontanarla dalla vita
collettiva.
Il rapporto semestrale dell’Unama sulle vittime civili nel martoriato Paese,
ufficializzato in questi giorni, mostra un sensibile incremento di quelle
scomparse che il burocratese delle relazioni Nato definisce “danni
collaterali”. Tali “danni” - la morte di civili - sono cresciuti nell’ultimo
triennio tornando ai livelli del 2011: si contano 1564 morti (erano 1575 nel 2011).
I feriti con menomazioni spesso permanenti, come sa bene Emergency e chi s’è occupato
di protesi di protesi di gambe e braccia (cfr. A. Cairo “Mosaico Afghano”,
Einaudi) sono schizzati a 3289. Sotto è riportata una tabella dal 2009, anno
della controffensiva occidentale contro i talebani. Da parte loro quest’ultimi
hanno rivendicato 147 attacchi nei quali sono perite 234 persone e ne sono
rimaste ferite 319. Una porzione di queste vittime sono finite nel mirino dei
turbanti per caso, perché passavano davanti a un obiettivo preso di mira, oppure
sono diventate esse stesso un obiettivo nella repressione che può scattare per
una mancata collaborazione o per rapporti con strutture occidentali. D’ogni
genere, comprese quelle dell’assistenza ai bisognosi. Come rivelavano alle
militanti di Rawa alcune donne dei villaggi della provincia di Parwan nei quali
la Onlus italiana “Insieme si può” faceva giungere le capre del suo progetto:
una capra per una vedova. Quegli animali consentono alle donne rimaste senza
marito o figlio o fratello, impossibilitate a uscire dal villaggio, di avviare
un percorso di autosostentamento grazie a tutto ciò che l’animale può fornire
nella semplice vita rurale.
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