Il fratello del presidente lancia promesse solenni: dice di voler fare dell’Afghanistan il centro
economico del Grande Medio Oriente tramite accordi coi paesi vicini. Non solo
Turkmenistan e Uzbekistan che però, in base alle riserve del sottosuolo e alla
rete delle alleanze che ne deriva, assumono un’aria sostenuta. Ma addirittura verso
gli angeli e demoni che lo cingono in un soffocante abbraccio: Iran e Pakistan.
Due comunità vivaci e potenti con esplicite mire d’egemonìa regionale che
guardano l’establishment di Kabul dall’alto in basso e finora hanno sempre
cercato di condizionare con Intelligence, politici locali e denari
l’emancipazione dell’attigua nazione. Basterebbe questo per bollare quale
velleitario il programma di Qayum Karzai, più vecchio d’un anno del più famoso
Hamid. Eppure lui è deciso di giocarsi la partita delle consultazioni d’aprile
al pari di pretendenti maggiormente accreditati. Potrà contare sull’appoggio
del fratello, che da politico esperto punta anche su altri due nomi (Wardak,
Rassoul), ma trova in Qayum il più sicuro esecutore degli interessi di
famiglia. Che notoriamente non sono pochi. In fondo l’azzardo di lanciare nella
mischia questo congiunto, che s’era prevalentemente occupato di business della ristorazione
gestendo locali a Baltimora, è legato all’intento e al bisogno di Hamid di non
uscire dai contatti, e dai contratti, mondiali che contano.
Il programma di Qayum, come altri e più di altri,
evidenzia l’importanza del tema della
sicurezza, su cui l’elegante fratellino s’è guadagnato le critiche degli amici
d’Oltreoceano. Per l’assenso sul Bilateral Security Agreement prima promesso a Obama,
quindi lasciato in stand-by per la mancanza della sua firma. La mossa gli è
servita per aprire un fronte interno a proprio favore: Hamid ha coinvolto sull’argomento
la Loya Jirga e ne ha incassato l’approvazione quasi assoluta. In tal modo nei
rapporti con gli Stati Uniti è apparso più nazionalista di qualsiasi capo pashtun,
tajiko, haraza, lasciando la Casa Bianca in attesa del benestare afghano.
Domani qualunque pretendente salirà alla presidenza, apponendo al patto il
tanto atteso autografo, potrà ricordare il trepidante stato di sospensione
dell’omologo statunitense che deve agire sul doppio binario di ritiro dei
marines e mantenimento-ampliamento di basi aeree. Discorso che vale per candidati
apertamente anti occidentali come Sayyaf e Sherzai, per doppiogiochisti come Abdullah oppure per uomini
che dei piani statunitensi diverranno garanti indossando cravatte (Wardak) o
turbanti (Ghani). Ma Qayum, cioè Hamid, insomma il clan Karzai vantano contatti
a tuttotondo, talebani compresi. Tanto per fare concorrenza al signor Sherzai
che coi Talib colloquia facilmente. Certo quando Qayum afferma, come ha fatto
in un’intervista televisiva, che può far rinunciare ai Taliban l’uso della
violenza, forse la spara un po’ grossa. Più probabile è che assieme ad altri
abbia ottenuto (o acquistato) dai leader fondamentalisti l’astensione da
un’accesa campagna anti elettorale come avvenne nel 2009.
Desiderata che può essere esaudita perché qualche
barba entrerà in qualche istituzione,
anzi Qayum rammenta che nel piano di pacificazione nazionale quest’ipotesi dev’essere
perpetrata seriamente. Nel suo eclettismo para amministrativo Karzai senior
esorta tutti i cittadini elettori, gli affaristi, i giovani, gli studenti delle
madrase a mostrare rispetto per le leggi e la Costituzione, alla stessa maniera
riunisce in uno zibaldone buonista ogni genere di proposta. Quella contro la
corruzione è un magnifico messaggio di propaganda. Il vizio del malaffare è
contemporaneamente un cancro e un’ossessione della casta politico-affaristica
rafforzata da tempo da numerosi Signori della guerra. Per combatterla Qayum
propone il duplice percorso di repressione, perseguito da forze dell’ordine e
giudici, e coinvolgimento attraverso il lavoro di persone competenti e
motivate. Costoro potranno diventare i principali controllori di una macchina
statale attualmente depredata. Ai soavi buoni propositi del fratello maggiore
si potrebbe obiettare che da oltre un decennio il presidente consanguineo non
s’è mai occupato di fare chiarezza sulla sequela di scandali che hanno
coinvolto uomini della sua gestione. Per tacere dei mega traffici di eroina che
hanno condotto a oscura morte l’altro membro di famiglia: Walid.
Sarebbe un’operazione puramente accademica. Qayum ha già pronto un piano del fare che dà fiducia
alle grandi opere estrattive minerarie (terre rare, rame, oro, ferro, più
petrolio) da parte di multinazionali estere. Sostiene che finora queste
iniziative si sono sviluppate illegalmente e senza una precisa pianificazione,
mentre occorrerà dare slancio a chi offre lavoro. Forse dimentica che aziende
come la China Metallurgical Group in questi anni portava con sé maestranze
dalla madrepatria.
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