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martedì 14 gennaio 2014

Dal referendum egiziano Al Sisi attende l’incoronazione


In fila. Documento alla mano gli egiziani vanno al voto referendario sulla nuova Costituzione. Contestatissima. Dalla Fratellanza musulmana e dai laici aderenti al fronte contro il golpe. Attesissima. Dai militari e dall’Egitto dei feloul. Seggi aperti oggi e domani per un sì che pare scontatissimo. Un assenso da molti vissuto come l’approvazione del passo di fine giugno del Fronte di Salvezza Nazionale che ha aperto la strada alla restaurazione militare, che ha riproposto la strategia delle stragi. Poiché buona parte degli oppositori (quelli tuttora libertà) decide di boicottare le urne, il risultato è già scritto. Sarà interessante vedere la percentuale d’affluenza e i milioni di sì, visto che nel giugno scorso gli anti Mursi s’erano accreditati della raccolta di 13 milioni di firme contro il presidente, diventate nella propaganda del Fronte 22 e poi oltre 30 milioni. I giochi delle alleanze hanno prodotto una comunione d’intenti fra il partito salafita Al-Nour e i feloul del regime mubarakiano, sparsi qua e là in varie formazioni, visto che nei tre anni del post 25 gennaio non è mai nato un nuovo Partito Nazionale Democratico. Quest’ultimi quali ferventi sostenitori del ritorno dei militari con Al-Sisi presidente in pectore, i salafiti, quasi per nulla coinvolti nel denunciare il clima repressivo nel Paese.

Entrambi felici per la messa fuorilegge della Brotherhood. Solo qualche minuto gruppo salafita s’è unito alla Fratellanza, allo Strong Party, al movimento 6 Aprile, ai Socialisti Rivoluzionari nei cortei di protesta delle “quattro dita” (Rabaa) ripetuti per settimane per denunciare il golpe in atto. Alla copertura politica già ricevuta con l’appoggio della repressione, una vittoria del sì al referendum aprirebbe la strada per far proporre dal presidente ad interim Mansour nuove elezioni presidenziali,  prim’ancora delle consultazioni politiche (il Parlamento è esautorato dal ruolo). Un passo che può spianare la via all’uomo della provvidenza: l’ennesimo militare investito della presidenza nazionale. Intanto sono stati diffusi i risultati del voto all’estero. Il sì raccoglie 97.689 consensi su 102.830 votanti, gli aventi diritto erano 681.000. Si è, quindi, registrata un’astensione dell’84,9%. Al referendum sulla Costituzione del 2012 (quella varata sotto Mursi) l’astensione s’aggirava sul 58%, 586.491 risultavano gli aventi diritto al voto. I favorevoli a quel tipo di Carta erano stati 246.767 (65,8%.) Riportiamo una dichiarazione rilasciata da un’egiziana (Pilot Abdelrahman) al Comitato contro il Colpo di Stato.

Un anno fa andai a votare per l'approvazione della Costituzione emanata dal governo Mursi. Poiché non sono in Egitto ho votato al Consolato egiziano di Milano. Arrivata, ho atteso mezz'ora: davanti a me c’era in fila parecchia gente. Entrata, mostrai la carta d'identità egiziana, presi la scheda e mi recai dietro a una tenda per esprimere la mia opinione. Segretamente. Uscii col foglio piegato e mi feci scattare una foto prima di inserirlo nell'urna, contenta di aver votato per la prima volta nella vita. Infatti alle presidenziali di giugno (2012, ndr) non avevo la  maggiore età”. Durante l’attuale referendum la situazione cambia un po’. “Sono entrata immediatamente nel seggio che era praticamente vuoto. Oltre a chiedermi la carta d'identità mi hanno controllato e mi hanno fatto spegnere il cellulare così da impedire qualsiasi foto o video. Pur volendo boicottare, trovandomi sola mi sono sentita in obbligo di votare. L’ho fatto senza la copertura d’una tenda che garantisse la privacy, a meno di un metro c’era uno degli ispettori che osservava in quale casella avessi messo la ics”. L’esempio è palesemente di parte, comunque descrive un clima. Dell’Egitto sapremo a breve.

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