Dentro e fuori il Libano tutti
concordano nel condannare l’ennesimo attacco terroristico e nel deprecare un
piano rivolto a irakizzarlo o farlo tornare all’instabilità del quindicennio di
guerra civile. Sia le forze del Movimento per il Futuro sia il Partito di Dio
sottolineano l’intento di attentare alla nazione, pur conoscendone fragilità e
instabilità politica causate anche dal proprio settarismo. Egualmente le
diplomazie di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti hanno lanciato l’allarme per
il riaffacciarsi d’un pericoloso passato. Scoprire chi c’è dietro la catena di
attentati non è affare semplice poiché spesso, pur di fronte alla certezza d’un
attacco kamikaze oltre all’identità e ai contorni del combattente jihadista non
si riesce ad andare. Quando invece a esplodere è un’auto-bomba l’artificiere
può essere un militante, un agente dei Servizi interni o esterni. Lo stesso Paese
obiettivo dell’esplosione di martedì scorso, l’Iran, e lo stato sostenitore di
tanto jihadismo sparso per il mondo, l’Arabia Saudita, nel condannare l’azione
criminosa affermano d’impegnarsi per combatterla e isolarla.
I due colossi dell’energia rivaleggiano
da tempo nell’area mediorientale e cercano di stabilire una propria egemonia
facendo pesare la loro forza economica e l’influenza su realtà politiche
locali. I rispettivi rapporti con un vero partito combattente qual è Hezbollah
e con personalità politiche inserite in movimenti politici, come quelli creati
dalla famiglia Hariri, costituiscono un antico e consolidato trait-d’union che sempre
rinnova sotto altre forme i suoi orizzonti. I quindici, venti anni seguiti alla
fine della guerra civile libanese, e al ritiro delle truppe israeliane e
siriane presenti in alcuni tratti del territorio, hanno offerto, e offrono,
ghiotte occasioni di penetrazione di capitali e uomini che lavorano sul doppio binario
d’una rinascita grazie agli “aiuti” saudita, iraniano e ovviamente statunitense,
francese e d’altri ancora. E’ il noto e reiterato meccanismo della solidarietà
interessata, della penetrazione neocoloniale tramite strutture di servizio che
creano consenso interno e controllo internazionale. Questo meccanismo
generalmente necessita di pace e convivenza civile. Ma non sempre, visti i
bisogni generati dalle guerre.
L’Alto Consiglio della Difesa
libanese parla di “tentativo terrorista di seminare conflitti” ma gli serve
capire se questo sia uno spostamento su un territorio attiguo delle azioni
distruttive che coinvolgono da trenta mesi la Siria o sia una diversificazione
dei piani qaedisti d’infuocare il Medio Oriente in più zone. C’è chi fa notare
come l’attentato sia stato immediatamente seguente alla prova di forza voluta
dal leader del Partito di Dio Nasrallah a sostegno del governo amico di Asad. Se
così fosse un’azione di quella portata (di cui le foto mostrano i devastanti
effetti) non s’improvvisa in quattro giorni in un’area (Ghobeiri-Jnah) che
rappresenta una delle roccaforti di Hezbollah, doveva essere stata progettata
da tempo. E’ il pensiero che assilla il deputato sciita Naim Qassem che ha
dichiarato come simili attacchi potranno ripetersi. Ma a compierli sono davvero
le brigate Azzam del jihadismo sunnita oppure sono penetrati o sorti anche in
Libano gruppi takfiristi? Alcuni benestanti sauditi sostengono questa corrente
confessionale minoritaria sunnita che si scaglia soprattutto contro altri
islamici e ha compiuto più d’un attentato suicida in Siria.
Alcuni esperti ritengono che
simili gruppuscoli possono essere magnificamente infiltrati dalle Intelligence
(il Mossad è sempre in prima linea) seppure i martiri da far esplodere vengano
reclutati fra gli strati poveri della popolazione o fra credenti
particolarmente fanatici. L’irakizzazione,
invece, viaggia fra l’intento di terrorizzare e bloccare l’attività della
popolazione spinta a fa poche cose pensando soprattutto di salvare la pelle, e
quello d’impedire una coabitazione politica pluriconfessionale e multietnica.
Quella che regge il Libano fuoriuscito dal conflitto civile, il cui sistema s’era
cercato di riproporre a Baghdad ed è ormai da due anni sotto attacco qaedista e
non solo.
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