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venerdì 12 dicembre 2025

Pontedefero

 


Così lo chiamava Accattone che poco più su, ar ponte Bianco (Testaccio per i patiti di toponomastica), c’era morto. Era il set di Pasolini ma ricreava le storie dei tanti borgatari e ragazzetti di vita del secondo dopoguerra che sciamavano pel centro, magari trainando un carrettino di merce rubata. Così lo chiamano quei romani che restano, preferendolo al più ufficiale ponte dell’Industria, quando pure l’ex Rometta papalina diventata capitale, creava un’area operaia col Gazometro, progettato a inizi Novecento e costruito da Ansaldo nel 1935. Era la fase in cui Testaccio, dietro i cocci del monte, si faceva quartiere edificando cronologicamente il Mattatoio (1888), la centrale termoelettrica Montemartini (1919), i mercati generali ortofrutticoli (1921) e in varie ondate le abitazioni cooperative di muratori e carriolanti, quelle dell’Istituto Case Popolari fino agli edifici borghesi di via Marmorata. Da oggi il ponte de fero o dell’Industria diventa ponte san Francesco d’Assisi, per decisione comune comunal-governativa che fa piazzare nei pressi dei centotrenta metri del passaggio sul Tevere una statua bronzea dedicata al santo poverello, in una rotonda spartitraffico nient’affatto attrattiva. Innanzitutto povero davvero Francesco, che ti fanno respirare le autorità intervenute stamane a santificare la denominazione? Schierati per foto e servizi tivù: l’immancabile ministro alle Infrastrutture Salvini, il sottosegretario alla Sicurezza Mantovano, il sindaco Gualtieri, il cardinale Reina, il presidente delle celebrazioni dell’Ottavo centenario della morte di San Francesco (ah, ecco che s’intuisce la denominazione) Rondoni, l’amministratore delegato di Anas Gemme e pure il presidente di Anas Pecoraro. Riuniti anche a farsi benedire direttamente dal santo? Chissà… Forse Lui di statue e riferimenti non ne aveva bisogno, quella mastodontica a piazza San Giovanni in Laterano lo celebra dal 1927. Per tacere delle titolazioni che il patrono d’Italia annovera non solo nella toponomastica, ma nei luoghi che ne ricordano l’esempio d’indigenza: la Porziuncola a Santa Maria degli Angeli, la basilica d’Assisi e il sacro Spello. La meravigliosa Verna, lo straordinario Greccio. Peraltro una voce popolare, ripresa in un libro dallo scrittore Cesare de Simone, riferisce nei pressi del ponte una strage compiuta dalle SS naziste il 7 aprile del 1944: una decina di donne che avevano assaltato un forno nella Roma martoriata e affamata vennero allineate e fucilate su via del porto Fluviale. Dopo l’immensa strage delle Fosse Ardeatine avvenuta pochi giorni prima, nessuno trascrisse e descrisse quell’eccidio. Così passati nel tempo i testimoni diretti che avevano visto i cadaveri, quel massacro, come altri considerati minori, cadde nel dimenticatoio. Da alcuni anni lo rammenta una lapida fatta apporre dagli antifascisti romani. Se il ponte de fero fosse stato dedicato a Roma liberata dal nazifascismo anche san Francesco avrebbe sorriso e approvato. 


 

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