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venerdì 14 novembre 2025

L’autobomba e la piazza

 


Mentre la polizia pakistana dichiara d’aver arrestato alcuni miliziani della catena omicida di martedì a Islamabad (12 vittime e oltre 30 feriti) l’islamico Pakistan s’interroga se temere maggiormente gli agguati dei Tehreek-e Taliban o le violente manifestazioni di massa e il cospicuo peso elettorale dei Tehreek-e Labbaik. Le due formazioni islamiste hanno radici teologiche differenti. I TTP s’ispirano a un deobandismo radicale che chiede l’applicazione della Shari’a nella legiferazione statale. Anche i TLP agognano la legge coranica ma secondo una visione barelvi di giurisprudenza hanafita sussunta da varie scuole sufi. Tradotto volgarmente e pragmaticamente le due tendenze si detestano e combattono da secoli, mentre nell’attuale politica ciascuno segue la propria agenda. I primi risultano fuorilegge e clandestini, i secondi sono addirittura radicati in Parlamento. Il percorso istituzionale di Tehreek-e Labbaik, diventato partito nel 2015 e solo dal 2018 presente alle urne, con punte massime di consenso nel Punjab ma con una diffusa forza d’erosione verso i partiti tradizionali d’ispirazione islamica come la Lega Musulmana–N, è tenuto  sotto osservazione dai politologi. E’ accaduto che in alcuni governatorati (c’è anche l’industrializzata Karachi) quasi la metà degli elettori del PML-N abbiano voltato le spalle al clan Sharif convogliando il consenso sul movimento di protesta inventato da Khadim Rizvi. Animatore e agitatore d’un raggruppamento conservatore islamista che attaccava la corruzione e la speculazione dei vecchi ceti nazionali incarnati dalle famiglie Bhutto e Sharif. Accadeva nella consultazione vinta da Imran Khan, il campionissimo di cricket, creatore anch’egli d’un partito Tehreek denominato Insaf, dunque Movimento per la Giustizia, che con un exploit elettorale l’ha portato al governo. Khan raccoglieva i frutti d’un programma populista scagliato contro le camarille tangentizie che a turno i mammasantissima della politica pakistana, Sharif e Bhutto, implementavano a vantaggio dei propri conti correnti, sotto l’occhio  dell’onnipresente lobby militare. Però nelle elezioni del 2018 i generali guardarono con interesse il ricco, bello, famoso e outsider della politica, spendendo parole al miele per la sua scalata al potere. 

 

Se una parte dei ceti marginali riversava il consenso su Khan, un altro ceppo di proletariato rurale e urbano, religiosissimo sino al fanatismo, seguiva Rizvi. Dalla sedia a rotelle impostagli da un incidente stradale nel 2006, il barbuto leader non faceva mancare la voce ai comizi e nelle gigantesche manifestazioni di piazza. E nelle strade dove gli scontri erano all’ordine del giorno. La capitale, Lahore, Rawalpindi tutte popolosissime hanno visto gli attivisti TLP inscenare cortei, erigere barricate, scontrarsi senza timore con le Forze dell’ordine. Morire e uccidere creando un’instabilità crescente. Chiuse scuole e autostrade, sospesa la telefonia mobile, lo scarico dei container, la stessa distribuzione di merci e viveri per le agitazioni dove i Labbaik conquistavano il primato e mettevano in difficoltà anche gruppi legati a proteste e scioperi come il Muttahida Qaumi Movement di Mustafa Kemal. Sì, una denominazione all’Ataturk per l’ex sindaco di Karachi che accusava: “I Rizvi, padre e figli, usano la religione come un’arma”. Poi cinque anni fa il genitore morì, probabilmente per un’infezione di Covid, Saad ne ha ereditato leadership e impeto oratorio, senza il timore di finire incarcerato; anzi per questo sostenuto da piazze sempre caldissime e reattive contro la repressione. Se la politica di maggioranza e taluni magistrati hanno cercato di carezzare figure religiose dell’élite barelvi così da allontanarle dalla militanza del partito Labbaik, la tattica non fa presa fra i supporter che dicono “Non ci sono buoni e cattivi barelvi”. Certo gli attacchi infuocati, anche nel senso stretto del termine, con cui i militanti si sono scagliati in più occasioni accusando di blasfemia minoranze religiose, soprattutto cristiane, hanno creato casi di rilevanza internazionale. Bruciare chiese, aggredirne e uccidere i fedeli è poco giustificabile per il ceto politico pakistano leale all’Islam ma non complice del fondamentalismo. Comunque quello che cammina sulle gambe di milioni di militanti ed elettori TLP, che vorrebbe giustiziare i giudici assolutori della ‘blasfema’ Asia Bibi, che considera un martire il poliziotto Qadri condannato a morte per l’assassinio del governatore difensore della donna cristiana, è più insinuante e potente delle autobomba disseminate dai kamikaze talebani.

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