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venerdì 24 maggio 2024

Propaganda indiana, soldi a senso unico

 


Mica solo l’America. Per essere potenza globale il ceto politico indiano punta su personalizzazione, spettacolarità, mediologia e tanto, tanto denaro. Un po’ ovunque nel mondo la politica è diventata solo una corsa elettorale per un pugno di selezionati dai capi che richiedono fede più affaristica che ideologica, a cui la moltitudine degli elettori offrirebbe col voto la patente di democrazia. E’ stato sempre così? Solo parzialmente. Per ogni popolo il suffragio universale, specie nelle sue classi subalterne, ha rappresentato una fondamentale conquista, svilita epoca  dopo epoca dalla vaghezza dei vertici e dalla  conseguente disillusione della base. E’ proprio per questo cortocircuito che in ogni continente avanza il fenomeno populista incentrato su una guida cui affidarsi, quegli uomini del destino che storicamente hanno prodotto guerre e catastrofi. E stanno proseguendo, imitati pure dal genere femminile. L’India immersa nelle consultazioni elettorali non è priva di questo vizio, anzi con Narendra Modi ne è un esempio numericamente corposo. Da fine 2023, avviando la campagna elettorale, il Bharatyia Janata Party ha lanciato il tormentone della “garanzia Modi”. Cioè il presidente uscente rappresenterebbe una certezza per il miliardo e trecento milioni di indiani, sebbene le libertà individuali, etniche, religiose, culturali si restringono per l’avanzare della razzistica teoria dell’hindutva. Al danno - rappresentato dalle leggi già approvate che discriminano i duecento milioni di islamici presenti sul territorio indiano,  e quelli perseguitati dalla violenza dei picchiatori hindu rivolta e praticata anche contro i sessanta milioni di cattolici o di altre minoranze - s’aggiunge la beffa d’una propaganda pro Modi pagata col denaro di tutti i contribuenti. 

 

In questo periodo l’impatto pubblicitario è stato martellante, in poco meno di quattro mesi il Bjp ha speso 3,7 milioni di dollari, che superano i 3,3 milioni di dollari usati dal National Congress, ma in un lasso temporale di sei anni (2018-2024). Se gli analisti indiani ricordano che un’accusa per uso indebito di macchinari governativi era caduta anche sulla testa di Indira Gandhi, e dunque del NC, ciò che accade in  anni recenti è un’insopportabile ingerenza con tanto di accaparramento dei fondi stanziati per un’agenzia, Central Bureau of Comunication, che funziona a unica trazione filo-governativa. Per l’opposizione è scandaloso, ma i media indiani tacciono e guardano altrove, a dimostrazione della deriva omologatrice imposta dall’esecutivo. Ad esempio c’è stato una sorta di silenzio mediatico sul bilancio della CBC  che è quasi quadruplicato, passando da 24 milioni di dollari a circa 100 milioni di dollari, così si è incrementata la diffusione di notizie soprattutto sulle piattaforme digitali. Il governo, ampiamente avvantaggiato dal fenomeno, s’è difeso sostenendo come l’incremento fosse correlato all’espansione nazionale e alla sua crescita economica, la sesta a livello globale. Solo cinque anni addietro la stessa agenzia aveva speso 140.000 dollari, per la quasi totalità in pubblicità pro Bjp. Nei mesi scorsi la spesa è passata a circa 16 milioni di dollari, cento volte la cifra del 2019, e sempre a favore esclusivo del partito di maggioranza. A fine marzo il National Congress ha presentato una denuncia alla Commissione elettorale dell'India, affermando che gli annunci della CBC violano le regole elettorali e usano i fondi pubblici a senso unico per il partito di governo. Non è accaduto nulla, anche perché il “Comitato per regolare gli annunci governativi” creato nel 2016, è composto da membri nominati dal governo, secondo la classica farsa di chi si “autocontrolla”.

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