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mercoledì 15 marzo 2023

Pakistan, Khan assediato in casa

 


"Se mi accade qualcosa, se m’imprigionano oppure mi uccidono, devi dimostrare che lotterai senza Imran Khan e non accetterai la schiavitù imposta da questi ladri". E’ il teatrale e catastrofico l’appello lanciato ieri via Twitter dall’ex primo ministro pakistano che vedeva la sua lussuosa residenza di Lahore circondata da poliziotti giunti sin lì per arrestarlo. Un ennesimo mandato per una vicenda (definita caso Toshakhana) che lo vede accusato d’aver rivenduto doni ricevuti durante il mandato di primo ministro. La vendita gli avrebbe fruttato 36 milioni di dollari. Il regolamento statale prevede che il ricevente doni può mantenerli solo dopo aver lasciato in deposito un certo importo. Khan non ha fatto nulla di tutto questo. E chi come lui ha costruito il successo elettorale denunciando la corruzione del tradizionale ceto politico interno, la condotta appare stonata. Ma l’inciampo può essere il classico pretesto – questo affermano i suoi sostenitori – per sbarazzarsi d’un premier ampiamente scomodo. Rimosso nell’aprile scorso perché sfiduciato dai  propri alleati e sostituito con un nuovo esecutivo da un esponente della Lega Musulmana-N: Shahbaz Nawaz. Da lì è partito il braccio di ferro giuridico con la magistratura che ha indagato Khan per le reiterate critiche alla nuova maggioranza passibili di censura e per attentare alla sicurezza nazionale, chiedendo ai seguaci di manifestare nelle piazze. La contrapposizione è andata avanti per mesi finché a novembre alcuni colpi di pistola feriscono Khan. E’ un attentato dal sapore d’avvertimento: più che all’eliminazione si puntava a placarne i bollenti spiriti, e più d’un analista pensa che ad armare la mano dello sparatore ci siano quei vertici militari in precedenza lusingati e a lui favorevoli, quindi accusati d’interessi personali e diventatigli ostili. Ristabilitosi da ferite non così gravi l’ex premier non ha mollato, rilanciando nuove proteste, dette pacifiche, e diventate incandescenti a seguito dell’escalation giudiziaria. Così ieri il Pakistan Tehreek-e Insaf  ha chiamato alla mobilitazione gli attivisti mentre era in corso l’operazione di polizia volta a prelevare Khan. Ne è scaturito un putiferio. I militanti sono scesi in piazza in molte località. A Lahore c’è stata guerriglia con sassaiole, lancio di lacrimogeni e cannonate d’acqua a sfinimento fino a sera, quando dal ministero dell’Interno giungeva l’ordine di ritirata con l’arresto rimandato di ventiquattr’ore. Dopo la conta di cinquantanove feriti, diciotto fra le forze di polizia, la giornata odierna s’è conclusa con una petizione dell’Alta Corte di Islamabad volta alla cancellazione del mandato d’arresto per il caso Toshakhana. E’ un passo di allentamento della tensione che però resta altissima e fa temere riprese ben più violente. 


 

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