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martedì 13 settembre 2022

Armeni e azeri, voglia di guerra

 

Chi provoca chi, sulla frontiera armeno-azera, con spari nella notte e soldati colpiti a morte, tutti da una parte sola quella armena. Il cui premier Pashinyan, parlando di aggressione nemica, denuncia quarantanove vittime, un’escalation spaventosa dopo il mese di conflitto di due anni or sono. Allora Yerevan aveva pianto oltre tremila morti, comunque pochi rispetto ai trentamila del precedente conflitto del 1992, frutto non a caso della disgregazione dell’Unione Sovietica. Sull’ultima crisi avevano fatto pesare il bisogno di pacificazione i due Paesi (Russia e Turchia) che i fronti in lotta (Armenia e Azerbaijan) per il conteso Nagorno Kharabakh tiravano per la giacca sperando in un aperto appoggio, se non militare perlomeno politico. Né Putin né Erdoğan, che pure avevano indirettamente duellato sullo scacchiere siriano e su quello libico, s’erano prestati al richiamo. Anzi, dopo un mese di spari e spostamenti di truppe Putin, incredibile ma vero, aveva spinto per una rapida pacificazione. Certo, pace armata, ma tensione soffocata. Sul confine armeno s’erano schierati duemila “portatori di pace” di Mosca che vigilavano dai propri tanks. Finora non era accaduto nulla di eclatante, ma nel commento di alcuni analisti l’improvvisa fiammata delle truppe di Baku potrebbe derivare proprio dallo sbandamento, non solo militare, che i russi registrano nell’area Kharkiv con una ritirata, tutt’altro che strategica, dal sapore di rotta. Così, Aliyev e il suo entourage pensano di cogliere la palla al balzo e schiaffeggiare gli armeni che difficilmente dovrebbero ricevere conforto dai russi, afflitti in Ucraina da questioni più cogenti. E questo nonostante dal maggio scorso sia in vigore il ‘Trattato di Sicurezza Collettiva’ stipulato da Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, un accordo secondo il quale qualsiasi aggressione a uno dei membri viene considerata un attacco all’alleanza militare difensiva. Per ora Lavrov ha invitato i contendenti ad attenersi agli accordi armeno-azeri stipulati nel novembre 2020, favorevoli più a Baku che a Yerevan. Ma negli attuali bollori della geopolitica, anche di quella minuta, ben poco di quel che si sottoscrive resta congelato a lungo.  

 

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