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lunedì 17 gennaio 2022

Uttar Pradesh, un’elezione per limitare l’odio

Akhilesh Yadav è il politico che pedala contro l’odio. Quarantanovenne, col simbolo del suo partito (Samajwadi) che è una bicicletta, contrasta il premier uscente dell’Uttar Pradesh, il più popoloso Stato indiano chiamato alle urne fra un mese. L’avversario, il sacerdote hindu Yogi Adityanath, è un peso massimo dell’intransigenza, un seminatore d’odio pronto a sostituire il leader Modi alla guida del Bharatiya Janata Party e anche del prossimo governo della federazione indiana. Lo scontro che si prospetta nell’Uttar Pradesh può diventare la chiave di lettura per il futuro nazionale del gigante indiano, sempre più al centro degli interessi d’una geopolitica internazionale che concentra a oriente il fulcro della supremazia globale. In quello Stato settentrionale indiano nel 2017 il Bjp ha rilanciato il suo progetto di forza basato su un violento nazionalismo ideologico-confessionale con cui cementa il consenso dell’elettorato anche davanti alle controversie economiche dell’ultimo biennio. Dovute alla pandemia, ma pure all’incapacità del fazioso ceto dirigente di cui Modi si contorna di pianificare e organizzare adeguatamente un processo di redistribuzione di ricchezze, che possono diventare ondivaghe per il Pil del Paese se si concentrano nelle mani di lobby ristrette ed egoisticamente chiuse. Yadav s’è formato in una Scuola militare, poi ha studiato ingegneria ambientale. E’ figlio d’arte, suo padre l’ha preceduto alla guida del gruppo, il giovane è entrato nella Camera bassa (Lok Sabha) nel 2000 e ha assunto la leadership della formazione Samajwadi un decennio fa. Si tratta d’un partito locale, di orientamento socialista tendenzialmente pacifista, con trent’anni di vita, non certo una potenza come il Partito del Congresso e soprattutto l’attuale gigante indiano del nuovo millennio: il partito hindu. Eppure uno sgambetto al Bjp questo raggruppamento lo fece proprio sotto la direzione di Akhilesh Yadav, diventato nel 2012 premier dell’Uttar Pradesh. 

 

Nelle prossime settimane agli elettori del popoloso Stato non potrà chiedere l’impossibile: rovesciare la percentuale che cinque anni fa ha visto il partito di governo far man bassa di seggi: 325 su 403. Però offuscarne una progressione che sembra incontrastata forse sì, com’è accaduto nella primavera 2021 nel Bengala occidentale, dove un gruppo locale, Trinamool Congress, ha fermato un successo dato per scontato dai vertici del Bjp. Nel Pradesh il popolo islamico s’attesta al 20% del totale, dunque 40 milioni di uomini e donne che nell’ultimo biennio, se non sono finiti sulle pire della cremazione dopo il decesso per Covid, hanno visto bruciare dal radicalismo hindu i loro banchetti d’ortaggi e chincaglierie o la propria rivendita di carne. Oppure sono state molestate e assalite da azioni ben peggiori del ‘Bulli Bai’, l’umiliazione sui social subìta da ragazze musulmane da parte di fondamentalisti hindu. Certo, il monaco arancione farà di tutto perché non ci siano intoppi, quest’elezione ha per lui un valore assoluto. Il risultato interno avrà un gran peso nella sua scalata al vertice del partito, che nonostante i malumori di altri esponenti è considerata probabile anche perché quest’ultimi abbandonano il Bjp anziché contrastare l’ala estremista dell’hindutva. Una conduzione di Adityanath traccerebbe solchi assai più profondi di quelli che segnano l’attuale già accesa furia confessionale hindu, scagliata mesi addietro anche contro i cristiani, accanto all’ostracismo anti islamico. Proprio nell’Uttar Pradesh questa comunità mentre pregava all’aperto, pratica consentita dalla legge, era rimasta vittima di aggressioni  di gruppi paramilitari hindu, spesso sotto gli occhi indifferenti della polizia.  E uomini pubblici, come il monaco-premier Yogi, continuano a predicare contro il cosiddetto ‘love jihad’, con cui viene bollata la possibilità d’incontro e relazione fra giovani di fede hindu e musulmana. A suo dire è un subdolo sistema per praticare conversioni religiose forzate. La forza dell’amore è, dunque, schiacciata dal potere. Un potere fazioso che cresce a dismisura. 

  

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