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mercoledì 27 ottobre 2021

Egitto, la cosmesi di Al Sisi

Il recente annuncio della presidenza egiziana sulla cancellazione dello "Stato di emergenza" è pura formalità. Lo sottolinea una delle ong (Arabic Network Human Right Information) che tuttora si batte per la difesa della libertà di espressione in quel Paese. La mancata scarcerazione dei sessantamila detenuti, l’abolizione del blocco a oltre seicento fra quotidiani online e siti d’informazione rappresentano la ferita da sanare per una reale diversificazione e trasformazione dell’orizzonte politico interno. Tutto il resto è pantomima. Che piace al regime di Al Sisi, da quattro anni pienamente rientrato nel panorama geopolitico globale grazie agli assist di potenze locali (Arabia Saudita, Israele) e mondiali (Russia, con benestare di fatto di Cina e Stati Uniti) attorno alle operazioni securitarie sul fronte libico e d’interessi economici sul versante energetico. Questi coinvolgono Italia, Francia, Turchia riguardo a giacimenti petroliferi e aree di gas sui fondali del Mediterraneo orientale. Gli accordi per tali forniture prevedono scambi con armamenti leggeri e pesanti, così da chiudere il cerchio sul ruolo di gendarme che la lobby militare egiziana garantisce nel Mashreq alla comunità internazionale.  La sospensione della legge per l’emergenza non stabilirà un diverso clima né una protezione dei diritti davanti alle gravi violazioni dei Servizi di Sicurezza, anche alla luce di quanto accade nel Parlamento del Cairo totalmente addomesticato. Infatti le disposizioni e gli scopi della legge sull’emergenza sono già stati inseriti in altre normative adottate dal regime, realizzando quello che esperti della materia definiscono “costituzionalizzazione dell’emergenza”. Insomma gli intenti coercitivi sono integrati ai processi legislativi in un percorso che il governo propina ai cittadini e che costoro, giocoforza, subiscono. Il modo di legiferare degli ultimi tempi si è trasformato in senso così autoritario che criminalizza e punisce anche per frasi e parole che sono soggette d’interpretazione vaga e speculativa. In più ai Servizi di Sicurezza è garantita una palese impunità che essi possono giungere a uccidere persone col pretesto che siano tacciate di spionaggio e terrorismo. Eccoli, lampanti, il caso Zaky e l’omicidio Regeni che calzano alla perfezione a questo schema. E con loro le disgrazie di decine di migliaia di prigionieri e di centinaia di scomparsi, in tante circostanze senza volto e nome.

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