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venerdì 18 dicembre 2020

Hend Nafea, esili egiziani

Dell’Egitto mi manca tutto scrive in uno dei suoi interventi sui social Hend Nafea. Lo dice da migliaia di chilometri, poiché è riparata negli Stati Uniti. Per i contatti che aveva frequentando l’Università americana del Cairo, riuscì a fuggire anni or sono. Dopo le drammatiche esperienze di fine 2012 quando l’esercito schiacciava le piazze ribelli coi suoi blindati, con uccisioni e arresti anche durante il “governo innovatore” della Brotherhood. C’è un’immagine che immortala il fermo di Hend, stretta fra gli uomini in mimetica che la trascinano via. Lei si volta, urla disperatamente, sa che l’aspetta il peggio. E il peggio arriva, al chiuso d’una caserma le praticano violenze che mai ha dimenticato. Tanto che una volta rilasciata, organizzò la fuga per sopravvivere. Prima di altri aveva compreso cosa sarebbe diventato il suo Paese e lei volava via. Era il periodo in cui questo era ancora possibile, sebbene non per tutti. I poveri, i senza speranze non avevano e non hanno possibilità. Poi i tempi sono diventati ancora più bui, le norme di Sisi hanno creato l’inferno alla Regeni, il tormento degli Zaki e il calvario di migliaia di reclusi di cui poco si parla, perché per alcuni di loro non ci sono famiglie combattive, contatti social, né ong di sostegno. C’è il buio ferreo delle Tora, ci sono i cavi elettrici sempre collegati che s’attaccano alla pelle, le lame che  sfregiano l’intimità.

Comunque Hend non è rimasta inerte. Pensa alla sua gente prigioniera nelle galere e a quella che vive nell’enorme prigione creata da Sisi e dai suoi scherani. Dopo la laurea conseguita negli States, ha fondato insieme ad altri la Human Rights Port e poi l’associazione Watan Bila Ta’azib, cioè “una nazione senza tortura”, speranza interna e internazionale cui non contribuiscono in tanti, soprattutto gli amici del golpista-torturatore Sisi che sono troppi ovunque. Hend, donna che non dimentica, segnala anche chi le violenze d’un tempo le ha inferte impunemente. E’ il caso di Hossam Koulana, il suo aguzzino. Ma costoro, i servi sanguinari dei regimi - in divisa e in borghese - che si prestano per denaro a obbedire offendendo, non vengono mai meno. Terminato il servizio e posti a riposo con pensione statale, possono riproporsi per ‘business privati’ assai di moda ormai da un decennio. Diventano consulenti, mercenari, spie dopo essere stati miliari, poliziotti, agenti dei Servizi. Accade in Egitto e altrove. Simili porcherie non hanno confini e vengono definite dalle Istituzioni “apparati della sicurezza”. Di regola gli ex vengono rimpiazzati nel ruolo più o meno di sicario da altri che, come loro, obbediscono, senza porsi problemi. Definiscono quel compito un “lavoro” e col quale servono lo Stato, trasformato in regime, e mantengono la famiglia. Eppure c’è chi come Hend, non ci sta. Non vuole dimenticare il passato e lo denuncia pubblicamente.

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