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mercoledì 28 ottobre 2020
Erdoğan e la benzina di Charlie
lunedì 26 ottobre 2020
Kabul, sangue studentesco
sabato 24 ottobre 2020
Mufti libera: “Il Bjp demolisce la Costituzione, spacca l’India, ruba i diritti agli oppressi”
martedì 20 ottobre 2020
Nagorno Karabakh, l’indesiderata guerra per procura
lunedì 19 ottobre 2020
Egitto, americani per i diritti
Tempo di elezioni a stellestrisce e i deputati statunitensi riscoprono il tema dei diritti in politica estera. Cinquantacinque democratici del Congresso hanno sottoscritto una lettera stilata da tre avvocati del proprio schieramento. La missiva è indirizzata al presidente egiziano al Sisi, senza mezzi termini gli si chiede di rilasciare attivisti, giornalisti, avvocati incarcerati per aver rivendicato l’applicazione dei diritti in quel Paese. “L’ingiusta detenzione in Egitto di difensori dei diritti umani, di attivisti e pacifisti è in netta opposizione alla tutela e alla libertà degli essseri umani custodite nella legge egiziana e in quella americana” afferma perentorio un passo della lettera. I deputati statunitensi esprimono timori anche per la complessa fase di pandemia che i luoghi affollati, come sono le celle delle prigioni cairote, rendono particolarmente pericolosa per la propagazione del virus. Un contagio che avviene fra i detenuti (ultimamente sono deceduti in carcere quattordici affetti da Covid-19) e fra gli stessi agenti di custodia. Sul punto c’è un attacco diretto a Sisi in persona cui è attribuita la volontà di tenere bloccati i prigionieri, con un’insensibilità senza pari attorno alla medesima questione della salute. Il testo fa un diretto riferimento ai finanziamenti militari degli Usa all’Egitto, che fra i Paesi armati da Washington occupa la seconda posizione assoluta. Ne deriva un esplicito avvertimento, anche in funzione del prossimo cambiamento d’indirizzo politico nell’amministrazione della Casa Bianca auspicato dai firmatari. Se in futuro Sisi vorrà ottenere le ‘preziose forniture’ dovrà addivenire a più miti consigli verso le decine di migliaia di cittadini bloccati in galera. Alcuni da anni, altri per anni come sancisce la norma del rinvio perpetuo del fermo e dello slittamento infinito dei processi subìto da molti di loro. La lettera ne ricorda i più noti: i militanti politici Ramy Shaath, Alaa Abdel Fattah, Zyad el Elaimy. Gli avvocati el Baqer ed el Massry; i giornalisti Solafa Magdy ed Esraa Abdel Fattah.
mercoledì 14 ottobre 2020
Afghanistan, la guerra nonostante Doha
Talune atroci stragi, su tutte quella di maggio nella clinica per neonati di Nangrahar, hanno raggiunto un livello d’insensata crudeltà che sembra aver turbato gli stessi turbanti, impegnati a dimostrare a ogni costo la propria estraneità da quella follìa. Che, comunque, albergava nell’Iskp afghano, loro rivale nel progetto di scalata al potere. Eppure nonostante l’approccio diplomatico degli ultimi tempi, i taliban risultano sempre sensibili al richiamo del sangue e non hanno voluto perder colpi al cospetto dei miliziani del Khorasan. Da qui gli attacchi in 32 province con l’uccisione di circa trecento soldati dell’ANSF. Secondo il governo di Kabul il numero di morti e feriti per mano talebana nello stesso periodo sarebbe triplo: 12.279. Ma il sospetto che ci sia una buona dose di propaganda è elevato, anche perché non appaiono addebiti al proprio esercito per le morte di civili. Un atteggiamento totalmente fuori dalla realtà che la popolazione, suo malgrado, valuta. Proprio il citato network narra quanto documentato da un proprio collaboratore a fine giugno nell’Helmand: la risposta dell’esercito afghano a un’azione talebana ha prodotto 19 vittime e 31 feriti. E questo è uno delle centinaia di episodi dei sedicenti mesi di tregua in cui il conflitto strisciante è proseguito, col vantaggio per i talebani di non subìre i micidiali attacchi aerei statunitensi. Mentre una spaccatura passa fra lo staff di Ghani e il corpo militare, ufficiali e soldati che rischiano la vita. I graduati vivono un senso di frustrazione nel pensare che in un domani che s’approssima potrebbero prendere ordini – politici e forse anche tattici – dagli attuali avversari promossi a neo governanti.