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martedì 7 luglio 2020

New Delhi, la polizia indaga sul sito dell’odio


Denominavano “Kattar Hindut Ekta” con una ‘t’ in più, ma non si trattava di un errore sulla dicitura hindu. Quella ‘t’ stava per hindutva, la variazione fondamentalista dell’appartenenza hindu. La dottrina stilata un secolo fa da Vinayak Damodar Savarkar sostenuta dal gruppo xenofobo e fascistoide Rastriya Swayam Sevak e da alcuni anni anche dal Bharatiya Janata Party, che proprio in base a quest’estremismo razziale e confessionale ha accresciuto consensi elettorali tanto da guidare il Paese dal 2014. Riferisce la stampa indiana che il gruppo “Kattar” era comparso su Whatsapp e riuniva in rete centoventi persone, poi aveva mutato il nome in “Hindu Ekta Zindabad” e “Hindu Unity”. Le chat attivate servivano a preparare scontri, o per meglio dire, aggressioni a giovani musulmani, assalti a rivendite e case di gente islamica. In base alla condivisione ideologica dell’odio confessionale che raccoglieva slogan come “uccidi il mullah” alla  fine dello scorso febbraio, in alcune aree di Delhi, come Bhajanpura, a grande presenza musulmana, sono partiti gli attacchi a persone e immobili che hanno prodotto 53 vittime e centinaia di feriti con rivendite, case, madrase incendiate e distrutte. I partecipanti al gruppo scrivevano apertamente: “Sono stato a bruciare case” e indicavano i luoghi. Oppure tifavano per i fanatici che lo stavano facendo. Ma c’erano messaggi ancor più truculenti, in perfetta linea con lo spirito dell’hindutva che ama predicare disprezzo e morte per i diversi.

Fate a pezzi i mullah”, recitavano alcuni messaggi. E ancora “Fratelli ora noi dobbiamo stuprare le loro madri” e “Le donne islamiche siedono fuori dalle moschee, violentatele”. Col salire delle prospettive omicide, invocate e praticate, qualcuno abbandona il gruppo Whats e immediatamente viene tacciato d’impotenza e codardìa. Seguono i proclami di dove sarebbero scoppiati nuovi agguati (a dimostrazione della premeditazione delle violenze) e conseguenti particolari sui pestaggi, alcuni dei quali letali. Insomma i dieci giorni di terrore anti islamico risultano tracciati su quella casella. Tutto viene giustificato dal fatto che i maschi musulmani cercano di legarsi sentimentalmente a donne hindu per convertirle e per mettere su famiglia secondo i dettami del Corano. Una prospettiva inaccettabile… E ancora  leggendo sull’incremento della natalità islamica: “Cosa accadrà al nostro lavoro, ai figli, alla Costituzione, alle orgogliose caste, ai nostri leader, ai pandit kashmiri? Quando potremo trovare una soluzione?”. Taluni passaggi espressamente violenti, poi rimossi dagli amministratori del gruppo, comparivano in un video con mausolei dati alle fiamme e immagini di proiettili da usare con diverse armi. E’ comparso anche un discorso di Kapil Mishra, politico focoso, attivo con azioni di denuncia contro la corruzione di membri di vari governi, e da un anno passato dal populista Aam Aadmi Party al partito di Modi. In occasione delle manifestazioni al 'Citizenship Amendment Act', Mishra aveva preso posizione contro le proteste alla contestata legge di apartheid per gli stranieri islamici. Così nei giorni di fuoco dello scorso febbraio i creatori del ‘sito hindutva’ hanno usato anche i suoi discorsi. Dopo il fermo di cinque animatori del gruppo, non proprio virtuale, la polizia indaga.

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