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sabato 20 giugno 2020

India-Cina, la vendetta commerciale di Modi


Come sono morti i nostri militari disarmati?” s’interroga vigorosamente più di una testata indiana. La domanda è diretta al primo ministro Modi, che subisce anche le critiche di generali e dell’ex consigliere alla sicurezza nazionale Shivshankar Menon che ha grande visibilità interna. Quest’ultimo in un’intervista ha apertamente accusato il premier di “inappropriato e inaccurato annuncio che concede territori e spazi di aggressività ai cinesi”. Insomma nonostante il governo abbia ribadito la volontà di rintuzzare ogni provocatoria ingerenza del potente vicino, c’è chi sfida Modi sulla via del patriottismo e del nazionalismo. Poiché dopo le botte letali, i generali dei due Paesi hanno aperto un confronto e da parte cinese si cerca di sgonfiare il caso, il governo di Delhi è stretto in una morsa. Deve tenere in piedi la trattativa, ma anche adeguarsi alle piazze infiammate della capitale e di Mumbai dove la xenofobia anticinese ha assunto toni preoccupanti verso consolati e rappresentanze commerciali che rischiano di finire bruciate come le immagini di Xi Jinping. A soffiare sul fuoco sono sopraggiunte le foto inserite da un ufficiale indiano su una piattaforma social dei corpi contundenti, tubi di metallo chiodati, con cui i soldati cinesi avrebbero ferito a morte i colleghi indiani.
Fra chi cerca la vendetta sul pietroso territorio della valle Galwan, in genere i miliziani fondamentalisti del Bharatiya Janata Party e dell’ancor più estremista Rashtriya Swayamsevak Sangh, fra una parte degli ufficiali sostenitori d’un ritorno alle regole d’ingaggio precedenti l’accordo del 1996 (comunque mal digerito da entrambi i contendenti) c’è da capire come si comporterà il capo del governo. L’ultimo venticinquennio ha prodotto solo aumenti di truppe, si è evitato lo scontro a fuoco e finanche il fronteggiamento armato, eppure lo scontro a mani nude e armi improprie di questa settimana non ha smorzato i pericoli. Il sangue caldo indiano trova comunque una mente più fredda e acuta nello staff di Modi che starebbe preparando un colpo economico al nemico che ha sparso sangue hindu. Voci insistenti sostengono che Delhi taglierà molte commesse cinesi. Queste in diciotto anni sono aumentate dai tre miliardi di dollari del 2000 ai circa cento miliardi del 2018. Il 2019, ben prima della pandemia, aveva visto una frenata anche nell’affarismo asiatico, ma aveva pur sempre segnato sessanta miliardi di dollari a vantaggio di Pechino. Ecco: l’arma avvelenata di Modi all’affronto mortale delle ‘guardie rosse’ dovrebbe colpire il bilancio delle entrate cinesi. Poi si vedrà in che misura ricucire i rapporti geostrategici e geoeconomici.  

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