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mercoledì 24 giugno 2020

Egitto, donne che picchiano le donne


L’aggressione, l’umiliazione, la persecuzione fino a giungere all’arresto col solito tema della sicurezza nazionale da difendere di fronte a cittadini neppure ribelli, semplicemente osservanti il principio del libero arbitrio. Così due figlie di Layla Soueif, Mona e Sanaa, che avevano sostenuto la madre nel sit-in di protesta davanti la prigione cairota di Tora per ottenere notizie d’un altro membro della famiglia, l’attivista Alaa Abdel Fattah, hanno subìto un pestaggio. Autrici altre donne, poliziotte in borghese camuffatesi da picchiatrici di strada. Per chiudere il cerchio della violenza, la minore delle sorelle, Sanaa, è stata portata via con tanto di lividi sul corpo. L’accusa: diffondere notizie false. Gli avvocati della famiglia che si sono rivolti alla polizia per denunciare l’aggressione e domandare dove fosse la giovane hanno ricevuto l’avviso dell’arresto di Sanaa. Anche a lei viene applicato il famigerato protocollo della carcerazione per quindici giorni, rinnovabile per due anni. L’arma infame con cui il regime del presidente-golpista Sisi tortura lo spirito della popolazione che non ci sta a piegare la testa. I ‘reprobi’ che poi sono cittadini degni di questo nome, persone libere e pensanti che nonostante il clima vessatorio e sanguinario non si lasciano intimorire, vengono soffocati in tal modo. Tramite un sistema che incentiva una complicità diretta e indiretta fra un’ampia cerchia della popolazione, una schiera servile in divisa e non, e una sfera ignava, opportunista col potere o incapace di qualsiasi moto di dignità innanzitutto verso se stessa. Così i colpiti possono solo unire il proprio orgoglioso martirio alla richiesta d’aiuto al mondo che si dice civile. Sebbene quest’ultimo si mostri egualmente infingardo. Oppure come evidenzia l’attuale governo italiano, invischiato nel solito affarismo di Stato che ingrassa interessi anche privati (col marchio Eni, Finmeccanica, Leonardo), un mondo che lancia finti proclami che assumono i toni d’insignificanti lamentazioni contro lo scempio compiuto sul nostro concittadino Regeni. Ma dall’assassinio di Giulio il regime di Al Sisi, continua a far morire, dentro e fuori le galere, centinaia di persone per bene che vorrebbero un altro Egitto. Un Paese che onorasse la sua millenaria civiltà e uscisse dall’incubo del luogo di omertà e terrore che i militari e un pezzo di società asservita impongono al resto della nazione. La geopolitica volta la testa, l’associazionismo internazionale dei diritti è in affanno (quello egiziano è stato distrutto), chi può salvare le Sanaa, gli Alaa, i Zaki d’Egitto?

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