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martedì 28 aprile 2020

Kerala, dove l’Istituzione salva il cittadino


Il Vo’ Euganeo indiano ha molti più abitanti dei 3.300 del paesino padovano. Si aggiungono cinque zeri e s’arriva a 33 milioni. Tanti sono i cittadini dello stato del Kerala. Concentrati non in metropoli, Kochi, il grande porto sul mare Arabico con l’immensa periferia, non supera il milione e mezzo di abitanti. Però la densità di popolazione è elevata, sfiora le novecento unità per chilometro quadrato, la maggiore del Paese-continente. Così mentre il governo centrale di Modi si barcamena fra il contenimento pandemico e la lotta all’atavico virus della povertà di tanta popolazione, quello Stato meridionale riscontra un formidabile contenimento dell’infezione da coronavirus. La mossa vincente è stata - come nella comunità del paesino veneto che ha seguito il protocollo predisposto dal professor Crisanti - un intervento immediato e mirato sui soggetti contagiati, individuati tramite una campionatura a tappeto della popolazione. Sappiamo che a Vo’ quel giusto contenimento è stato reso possibile da strutture sanitarie territoriali, salvate dalla pandemia politica che per due decenni altrove le azzerava. La storia del Kerala è egualmente lungimirante: sostegno ai centri sanitari pubblici con un impegno di mezzo miliardo di euro negli ultimi anni, creazione d’infrastrutture e posti letto (5775) che altri Stati dell’India si sognano. Questa regione meridionale indiana ha una storia molto dedita al sociale. E’ governata alternatamente dal Partito comunista e da quello del Congresso, due soggetti attenti ai bisogni della gente. Se ne avvantaggia la popolazione che, pur fra le contraddizioni imposte dalla linea del governo centrale, ha visto crescere attorno a sé le infrastrutture della sanità e dell’istruzione. Col sui 94% il Kerala tocca il livello più alto di alfabetizzazione dell’India, che comunque registra un lusinghiero 74% generale.
Di recente il ‘rosso’ Pinarayi Vijayan, capo dell’esecutivo locale, ha sbloccato due miliardi e mezzo di crediti per sostenere gli ospedali pubblici. In rapporto alla popolazione una cifra molto superiore ai venti miliardi di euro che Modi ha stanziato per l’emergenza Covid. In altre due recenti emergenze il ‘modello Kerala’ s’era distinto per prontezza ed efficacia. Durante un’ennesima infezione virale detta “Nipah” che provocava tosse, febbre, convulsioni con rischio d’encefalite. Anche in questo caso il virus proveniva dal pipistrello e poteva esser transitato sull’uomo attraverso gli allevamenti di suini. La seconda emergenza del 2018 scaturì da terribili inondazioni nel periodo monsonico. Il sistema delle panchayat (le assemblee di comunità), peraltro antichissimo, conservato ed esaltato dal governo comunista del Kerala, funzionò alla perfezione, coordinandosi con le autorità politiche e predisponendo un isolamento dei villaggi colpiti, nel caso della Nipah, e di soccorso nei medesimi durante l’alluvione. Un sistema che fa imbestialire l’ultranazionalismo hindu, poiché conferisce ampio spazio al potere orizzontale e collettivo. Infatti in questi giorni il Kerala, che ha registrato 468 infetti e quattro vittime da Sars CoV2 (l’India dichiara 27.000 contaminati e 900 vittime), ha avviato una graduale ripartenza delle attività, contro cui Modi ha lanciato il suo anatema, chiedendo di rispettare le direttive centrali. Ma in quell’area il governativo Bjp conta poco e niente, e non può schierare quei picchiatori capaci altrove d’agire indisturbati sotto l’occhio complice della polizia.   

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