Pagine

venerdì 13 dicembre 2019

L’Algeria del passato elegge Tebboune


Nella sordità dell’establishment algerino verso la protesta di strada inscenata anche davanti ai seggi, comunque iper protetti dalla polizia, i ‘manovratori elettorali’ conservano la coerenza di premiare un anziano uomo della vecchia guardia statale: Abdelmadjid Tebboune, setttantaquattrenne, già premier, seppur per pochi mesi nel 2017. I dati diffusi gli attribuiscono un 58% di consensi che lo fanno presidente al primo turno. Mette in fila Bengrina, beneficiario d’un 17.38% e Benflis col 10.55%. Per la cronaca Mihoubi è quarto (7.2%), Belaid ultimo con 6.6%. Il vuoto di potere, di fronte alla contestazione che continua a denunciare elezioni pilotate, sarebbe stato uno spettro con cui fare i conti. Però la testardaggine della casta militare, nascosta dietro il presunto simulacro di democrazia, può trasformare la disapprovazione popolare in aperta rabbia. Le autorità statali hanno diffuso una percentuale di votanti pari al 40%, minoritaria ma non troppo. La gente, che comprende le mosse truffaldine anche degli organi d’informazione, già stamane era scesa in strada, a dimostrare la sua contrarietà alla presunta svolta di chi non vuole ascoltare. La marea algerina contesta. Continua a contestare, sostenendo che quest’elezione truccata non può celare la continuità e la contiguità col vecchio regime che piace ai militari. Nella capitale l’agenzia Afp ha raccolto notizie di azioni dimostrative fin dentro i seggi, col blocco in qualche caso delle votazioni prima che gli agenti ristabilissero l’ordine, usando al massimo i manganelli. Più violento il boicottaggio operato in zone periferiche (viene citata la regione di Kabilia), dove l’etnìa berbera ha per tradizione il dente avvelenato contro il governo centrale. Lì dove taluni seggi sono stati attaccati da dimostranti contrari alla consultazione, le forze dell’ordine li hanno dispersi con gas lacrimogeni. Qualche analista già scuote la testa e commenta che la tendenza a far finta di nulla, espressa dall’apparato politico ufficiale, non normalizza il Paese e neppure quest’elezione riuscirà a farlo. Il vento dell’Hirak (il movimento di pretesta) proseguirà e diventerà più impetuoso.

Nessun commento:

Posta un commento