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martedì 8 maggio 2018

Elor, la felicità del boia


Sorride, tenuto stretto dalla madre, Elor Azaria, l’assassino di Abdul Fatah al-Sharif. E’ fuori anche con due giorni d’anticipo per poter partecipare al matrimonio di suo fratello. Sarebbe uscito dalla prigione militare israeliana di Tzrifim giovedì 10 maggio. Con nove mesi scontati rispetto a una sentenza di diciotto, condanna per omicidio colposo, inferiore a qualsiasi pena normalmente inflitta a giovani palestinesi che lanciano pietre. Ma  l’omicidio di cui è responsabile il soldato Elor è tutt’altro che colposo. Nel marzo 2016 aveva ferito a Hebron due palestinesi che avevano aggredito con un coltello un militare in servizio nella città occupata. Uno dei due, al-Sharif, era disteso a terra centrato da un proiettile sparato dal sergente Azaria. Questi, dopo una decina di minuti dal ferimento, s’è avvicinato all’uomo giacente a terra e gli ha sparato un colpo alla testa. Un’esecuzione in piena regola secondo la famiglia dell’assassinato, che ha sostenuto la tesi davanti alla Corte israeliana. Anche talune associazioni umanitarie si sono interessate del caso, sostenendo che l’azione compiuta da un militare in servizio rispondeva a un “omicidio a sangue freddo” e la condanna non poteva ridursi all'omicidio "colposo" sancito dai giudici. La sentenza, come e forse più di altre, fa i conti con l’offensiva antipalestinese condotta dal governo Netanyahu su più fronti: politico, giuridico, diplomatico, mediatico. Un governo che su qualsivoglia terreno esaspera la profondissima sperequazione esistente fra le due etnìe, con ogni aggravante addebitata ai “terroristi palestinesi” e ogni giustificazione rivolta ai cittadini israeliani, in divisa e non. La difesa del sergente ha sostenuto la teoria dello sparo in testa al ferito, giustificandola col timore che il palestinese (inerte) vestisse una cintura esplosiva di possibile attivazione. Ipotesi dimostratasi falsa, e volta a schermare la gravità dell’omicidio. Alla notizia della scarcerazione di Azaria il premier sionista e un suo ministro si sono felicitati per la fine della reclusione e la liberazione del soldato. Libero e disponibile a un  prossimo assassinio.

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