Ma
visto che l’urlo di chi è tormentato non si ferma, perché non si fermano i
conflitti e le politiche di soffocamento di popoli ridotti alla miseria, le
carrette della disperazione riprendono il largo. In questo traffico che ha motivazioni,
merce umana, mercato, bande, racket e connivenze dei governi s’innesta la
macropolitica. Ai suoi tempi anche Gheddafi, minacciava o patteggiava queste
partenze, differentemente da lui l’omertoso Sisi non dirà nulla. Se interrogato
(ma da chi?) negherà qualsiasi coinvolgimento egiziano, sebbene la sua nazione
sia militarizzata negli uomini posti al controllo e sempre più negli armamenti
che l’alleato Hollande, fra battimani e vigorose strette, gli fornisce. Ciascuno
fa il suo gioco. La Francia acquista altro mercato, sfilandolo probabilmente
proprio all’Italia sul fronte delle infrastrutture (gli accordi prevedono la
costruzione d’una terza rete metropolitana al Cairo). Ma al di là della
concorrenza, più o meno leale, in un mercato globale che non conosce questa
virtù, la questione dei diritti civili che imbelletta certi discorsi dei
politici d’Oltralpe cade totalmente nel dimenticatoio. Così il colpo ferale a
una presunta fermezza contro quel terrorismo di Stato che ha in Al Sisi un
campione del crimine, lo regala la nazione della libertà e della fratellanza.
Non solo non esiste la presunta Unione Europea, come i poveri profughi colano
picco gli stessi princìpi della democrazia borghese.
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martedì 19 aprile 2016
Hollande abbraccia il presidente della tortura
Sorride
e si compiace, stringe mani e accordi, incamera plausi e applaude il presidente
Al Sisi. La Francia di Hollande gli porge quel miliardo e mezzo che Obama aveva
congelato; solo qualche settimana fa la dinastia Saud gli aveva allungato
l’anticipo dei dodici miliardi di petrodollari promessi, anche se il mercato
del greggio vive gli stenti del periodo. Il vicepremier tedesco - e la Germania
è la prima della lista negli scambi commerciali col Cairo - lo loda come “leader eccezionale”. Chi sta meglio di
lui? Il generale si fa scherno dei procuratori italiani, della Farnesina, di
palazzo Chigi. L’Italia pianga Regeni, nessuno l’ascolta neppure in Europa se
tale è la solidarietà dei fratelli franco-tedeschi. Così come qualcuno ipotizza, il golpista vestito da statista può
meditare vendette indirette. Favorendo, o comunque non ostacolando, l’apertura
di rotte della disperazione dal suo Paese verso nord, in una rilanciata tratta mediterranea.
I dannati del mare, oltre che dalle disastrate coste libiche, iniziano a
partire pure da quelle egiziane. Il caso del naufragio di questi giorni, in cui
centinaia di profughi sono colati a picco e superstiti eritrei, somali,
sudanesi sono stati salvati da un cargo e condotti nell’isola di Kalamata è
sintomatico d’una doppia realtà. Quella tutta interna alle sciagurate politiche
europee del fronte del rifiuto, che con l’Austria giunge sino ai nostri confini
settentrionali e blocca la rotta balcanica.
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