Un ‘uccellino diplomatico’ che ha raggiunto il New York Times (è facile e conveniente
volare nelle attrezzate redazioni dei media statunitensi) rivela che - prima
del risvolto favorevole del trascorso week end con cui le forze talebane hanno mostrato
il proprio “contropotere territoriale” anche nella provincia dell’Helmand - copiose truppe Nato
erano accorse in sostegno degli affannati reparti dell’esercito locale.
Stavolta i missili della Nato sono stati messi da parte e s’è combattuto solo a
terra, forse per evitare una nuova imbarazzante strage di civili e
professionisti come a Kunduz. Fresca è la memoria dell’ospedale di Médecins sans frontières, con la moria
di dottori e infermieri e la ridda di versioni contraddittorie diffuse in
ordine sparso da Pentagono e Casa Bianca: “danno
collaterale, non conoscenza delle coordinate della struttura, presenza di
terroristi nella medesima, difesa dei militari nei pressi dell’ospedale…” Certo
la guerra è guerra, ma i crimini di guerra richiesti dall’Ong francese sembra
che non rientreranno in nessuna inchiesta internazionale. L’impiego, giorni
addietro, di marines e unità speciali statunitensi nell’Helmand (l’area a più
alta concentrazione di piantagioni d’oppio) era stato celato all’informazione per
non svilire ulteriormente il ‘gioiellino’ voluto da Kerry e dal presidente
Obama: l’Esecutivo sìssignore guidato dal sorridente Ashfar Ghani, incapace ad
amministrare e a combattere.
Lui e il “sodale per forza” Abdullah, sembra che possano esser
messi in crisi, oltre che dal deterioramento d’ogni vicenda quotidiana, da
un’opposizione interna che vedrebbe Hamid Karzai tessere rinnovate trame con
alcuni sempre vivi signori della guerra. Interessati a non subordinare i propri
affari a un quadro caotico che può spingere il Paese verso una condizione
simile al ‘tutti contro tutti’ degli anni Novanta. Specie adesso che pure il
Califfato allunga le pretese su un territorio già ampiamente conteso da
business e attori vari, clan e imprese subirebbero da questo caos contraccolpi
non indifferenti. Le azioni di controguerriglia statunitensi, svolte nei giorni
scorsi via terra come per tredici anni marines, squadroni speciali, contractors
d’ogni risma hanno perpetrato, fregandosene delle regole d’ingaggio e colpendo
spesso i civili, si sono rese necessarie per sostenere lo sbandamento e l’ampia
demoralizzazione dell’Afghan National
Security Forces. I soldati di casa sempre più spesso mettono in pericolo
ogni difesa, compresi i contrafforti vitali per la geostrategìa americana nella
regione: le basi aeree. A Kandahar i soldati afghani hanno subìto lo
stordimento di vedersi attaccati e intrappolati in quel luogo dai turbanti che
sono stati impegnati (prima d’andarsene) solo dalle unità dell’US Army.
Anche un politico che ha partecipato a una delegazione filo
governativa afghana ammette che senza il supporto di terra americano e senza
l’aviazione tutte le province meridionali cadrebbero in mano talebana in tre
giorni. E rafforza la tesi, testimoniando quanto visto di persona nel distretto
Khanashin (parte meridionale dell’Helmand) dove esclusivamente i reparti
statunitensi riuscivano a sbrogliare una situazione che militarmente gli
afghani non erano in grado di risolvere. Casi reiterati nei distretti di Marja,
Lashkar Gah, Sangin. Del resto il generale Campbell, che aveva visitato la
provincia a fine novembre, s’era reso conto di persona dell’incapacità delle
truppe afghane di reggere agli attacchi. Solo forze Nato di terra e d’aria
possono tamponarla. Ma dirlo, fa cadere il castello di carte della creazione e
preparazione di un esercito locale autosufficiente, piano in atto ormai da un
triennio, con risultati più che scarsi. Le defezioni si susseguono, seppure il
rimpiazzo è continuo per reclutamenti incentivati dall’altissimo tasso di
povertà e disoccupazione, il materiale
bellico scompare facilmente per i traffici singoli e organizzati all’interno
dei reparti. Casi diffusissimi, che dimostrano quanto scarsa sia la coscienza
dello pseudo esercito messo su dal progetto americano. Intervistato
pubblicamente dopo “il cinguettìo”, il portavoce Nato della provincia non
nasconde l’aiuto di campo offerto dai suoi uomini ai soldati afghani. E per non
rischiare le proprie basi la macchina da guerra statunitense potrebbe
riproporre presto un ritorno di ‘boots on
the ground’.
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