Nelle sorprese della politica, che scombussola
situazioni sui più diversi panorami internazionali, ben s’inserisce l’apertura
fatta dal co-presidente di quel gruppo che da mesi costituisce la possente
novità del panorama turco: il Partito Democratico del Popolo. Cos’ha detto
Selahattin Demirtaş di tanto stravolgente? Una cosa semplice che, nelle
settimane successive al terremoto del voto di giugno che ha reso ingovernabile
la Turchia erdoğaniana, alcuni analisti già dibattevano: se il Chp, maggior
partito d’opposizione, e la nuova formazione democratica capace di portare in
Parlamento 80 deputati unissero le proprie forze in una coalizione,
all’orizzonte apparirebbe una componente che sfiora il 40% del voto di giugno. Percentuale
ancora inferiore al 47% del Partito della Giustizia e Sviluppo e ai suoi 252
seggi, ma non lontana da una possibile alternativa, anche perché le
consultazioni del 1° novembre possono rimettere in gioco i rapporti di forza
fra i partiti. Durante un recente viaggio in Germania il leader dell’Hdp ha
ricordato come i media vicini al governo avevano diffuso notizie diffamatorie
verso di lui e la sua organizzazione. Nel mirino della stampa pro Akp i rapporti
che intercorrono fra le leadership dell’Hdp e del Pkk, e pure le “vicinanze” della
sinistra turca finita nel Partito Democratico del Popolo a taluni nuclei
marxisti combattenti presenti nel Paese. Ne scaturiva la tesi, neppure tanto
velata, di fiancheggiamento del terrorismo, che gli accusati rispediscono al
mittente come una colossale mistificazione.
Stavolta il compassato Demirtaş è stato
tranciante: o l’Akp cambia il suo gene oppure la Turchia dovrà sbarazzarsi di
questo partito-regime. In tal senso va letta l’apertura, fino a qualche mese fa
impensabile, nei confronti del partito repubblicano, dove l’anima
socialdemocratica convive con una tradizione kemalista che ha nella centralità
turca una pietra miliare da cui non è facile recedere. Con tutte le
contraddizioni del caso. Certo, l’attuale gestione dell’alauita Kılıçdaroğlu, mostra un volto più conciliante
verso la questione delle minoranze etniche, ma se il connubio fra i due partiti
prenderà corpo sarà soprattutto la valutazione d’opportunità politica del
momento a favorire un avvicinamento di sola coalizione. Comunque per i
comportamenti presidenziali dell’estate i repubblicani hanno il dente
avvelenato. Erdoğan s’era rifiutato di offrire al loro segretario un mandato
consultivo, dopo che gli incontri condotti dal premier incaricato Davutoğlu si
erano conclusi con un nulla di fatto. Voci di palazzo sostengono che il
presidente-padrone fosse irritato dalla mancata visita dei membri del Chp alla
sua nuova sontuosa residenza del quartiere di Beştepe
ad Ankara. Il fatto seguiva le critiche che la componente laica della società
turca ha rivolto al contorno ottomano del nuovo palazzo presidenziale che sorge
su un’area di 300.000 metri quadrati, con tanto di Moschea dai quattro minareti
e lussuosi arredi. Sebbene filmati e foto abbiano sminuito le dicerie sulla
presunta rubinetteria d’oro dei servizi, le polemiche non si sono spente e fra
repubblicani e rappresentanti del governo la tensione è alta.
Alcuni deputati del Chp ventilano
una clamorosa protesta alla riapertura del Parlamento attesa per giovedì 1° ottobre,
a un mese dalle consultazioni. C’è chi propone un’irriverente girata di spalle
al presidente durante il suo discorso previsto per la riapertura della Camera.
Col clima che si respira nella nazione, che ha avuto sanguinosi scontri fra
fazioni con morti e feriti, sarebbe come gettare benzina sul fuoco. Eppure ciò
darebbe ulteriori prospettive all’avvicinamento dei due partiti d’opposizione.
Quel che fa riflettere è la linea dura mostrata dalla formazione di maggioranza
sulla questione kurda. Mentre Demirtaş cerca nuove aperture alla pacificazione,
incontrando a Strasburgo il segretario generale del Consiglio d’Europa, il
ministro dell’Interno turco Akdoğan dichiara perentoriamente che “il processo di pace è diventato impraticabile.
Anche volendolo rilanciare, non si può fare. Il vuoto di sicurezza aggravato da
rapimenti e uccisioni di poliziotti ha creato una situazione di non ritorno”.
Lo stesso presidente, intervenendo sul
tema, aveva detto che attualmente il processo è congelato per colpa di quei
partiti che richiamano posizioni separatiste e terroriste. In una
sistematizzazione di alleanze in funzione elettorale, bisognerà vedere se si
muoverà anche la destra nazionalista del Mhp, che cova al suo interno il
fascismo dei Lupi grigi. L’Akp, abituata a primeggiare non ha mai preso in
esame ipotesi di appoggi. Anche i recenti incontri falliti per formare
l’esecutivo non hanno introdotto novità e avvicinamenti. Solo su un punto i
facinorosi dei due schieramenti si sono ritrovati: nel devastare le sedi
dell’Hdp e di taluni giornali.
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