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giovedì 17 aprile 2014

Storie d’ordinario Afghanistan fra agguati e voto inquinato


Per ammissione della Commissione Elettorale Indipendente, che vigila, o dovrebbe farlo, sulla trasparenza delle operazioni di scrutinio e dell’apertura delle stesse, nessun osservatore è in grado di seguire tutte le fasi di viaggio delle urne dalla periferia a Kabul. I box di voto sospettati di manomissione vengono visionati da addetti al conteggio, ma in alcuni casi non si sa dove tale verifica avvenga. Perciò talune manomissioni, già registrate ed entrate fra i motivi di ricorso, potrebbero essere solo una piccola percentuale dei tentativi di broglio in atto. Eppure il numero degli osservatori sul campo è impressionante: ben 358.000 persone monitorano a vario titolo i passaggi elettorali. Lo spoglio che, in occasione dell’annunciata supremazia di Abdullah su Ghani, riguardava il 9% delle schede votate proseguirà sino all’8 maggio, i dati definitivi giungerebbero a metà del mese prossimo. Se venisse confermato il copioso distacco dei su menzionati candidati sul resto dei concorrenti si prospetterebbe un ballottaggio fra i due che coinvolgerebbe il Paese per un altro trimestre. Secondo la proiezione resa nota Abdullah è in vantaggio nelle province di Kabul, Kapisa, Parwan, Kundoz, Samangan, Balkh, Sar-e-Pul, Badghis, Herat, Bamian e nelle zone del Panjsher, mentre Ghani conduce a Logar, Paktia, Khost, Nangarhar, Kunar, Laghman, Takhar, Jawozjan, Faryab, Farah, Nimroz, Helmand e Zabul. Rassoul è sicuramente padrone dell’area di Kandahar, Sherzai della provincia di Uruzgan.

Intanto proseguono inquietanti episodi di tiro al bersaglio da parte di esponenti dell’esercito afghano. Due settimane fa s’era verificato l’omicidio della fotoreporter tedesca Anja Niedringhaus, premio Pulitzer, e il ferimento d’una giornalista canadese. Venti giorni prima era stato fatto fuori il radiocronista svedese Nils Horner, davanti all’hotel Serena, l’unico frequentabile di Kabul. Si disse a opera di talebani, ma si sospetta di ‘lavoretti particolari’ dei Servizi, se di sponda occidentale od orientale non è chiaro. In questa circostanza si è trattato d’un ferimento: a essere colpita vicino la sua abitazione è Maryam Koofi, deputata della Wolesi Jirga dell’area nord-est e sorella della più nota Fawzia, quest’ultima impegnata in iniziative che riguardano questioni femminili. A premere il grilletto un uomo in divisa poi ferito dalla guardia del corpo della parlamentare. Il reiterarsi di simili episodi, diffusi mediaticamente solo nei casi più clamorosi che colpiscono persone conosciute, conferma l’enorme instabilità delle strutture di sicurezze locali infiltrate da talebani, impegnate a reclutare soggetti che non si fanno irreggimentare oppure vestono la divisa solo per riscuotere un salario mensile, basso ma sicuro di fronte all’elevatissima disoccupazione esistente. Si tratta d’uno scenario che si sussegue da oltre un biennio, quando è iniziato il massiccio impegno delle forze Isaf nel reclutare uomini e addestrarli in proiezione del ritiro delle truppe a terra previsto per la fine di quest’anno, e che è diventato una sorta di conferma d’un piano fortemente in crisi.

Del resto la presenza sul suolo afghano di militari occidentali è, ormai, sconveniente sia sul piano economico: un soldato afghano costa 500 dollari mensili contro i 15.000 d’una corrispettiva divisa statunitense, sia perché i rischi all’incolumità sono elevatissimi e la futura strategia impone una presenza occidentale mirata alle basi aeree. Il Bilateral Security Agreement è tuttora in attesa della firma afghana che si farà attendere sino all’ufficializzazione del nuovo presidente. 

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