L’Egitto che si dà ruoli normativi con l’ennesimo
defatigante iter di riscrittura della Carta Costituzionale e l’Egitto che solleva
la protesta con le “quattro dita” del Fronte della legalità, devono entrambi fare
i conti con vari traumi. Quello della rivoluzione incompiuta, tradita, scippata
o rilanciata è il più leggero. Al dolore delle vittime, ai troppi bisogni
primari insoddisfatti s’aggiunge un panorama esaminato non solo dalla libera
informazione che resta, ma da talune indagini mediche interne e internazionali.
L’ultimo è uno studio delle Nazioni Unite. Si monitorano i riflessi psichici di
vari strati della popolazione davanti alla profonda instabilità socio-politica
degli ultimi tre anni. Gli egiziani risultano depressi non solo economicamente
ma umoralmente, occupando la 138° posizione su 156 popolazioni mondiali esaminate
nell’indagine. Egualmente i periodici cicli di violenza stanno radicando
indelebili effetti sulla salute mentale delle persone. Diversi psichiatri
raccontano di un profondo stato d’inquietudine diffuso anche nell’età più
spensierata che è quella infantile. I bambini risultano ansiosi per la loro
sicurezza, e la paura generalizzata provocata dalla morte in piazza,
dall’inagibilità di centri urbani e metropolitani occupati militarmente
attanaglia anche tante vite adulte.
Paradossalmente questi timori giungono pure da coloro
che sostengono i piani di Al-Sisi, perché “uscire
di casa, girare per le strade risulta pericoloso, visto che non si sa cosa
potrà accadere” hanno dichiarato cittadini cairoti ai microfoni di Al
Jazeera che ha dedicato un servizio al fenomeno. Del resto l’uso parapolitico e
paramilitare di teppisti per favorire ulteriori giri di vite repressiva è una
tattica attuata dalle Forze Armate già con Mubarak e poi durante la Giunta
Tantawi. In più l’aggravarsi delle difficoltà economiche di tutta la
popolazione diffonde la pratica dei furti grandi e piccoli negli strati più
marginali. Parecchie donne evitano l’uscita di casa anche in pieno giorno per paura
d’essere rapinate durante gli acquisti e cader vittime di molestie e attacchi
sessuali compiuti da gang di adolescenti. Un fenomeno radicato ed endemico, già
registrato due anni or sono durante le stesse manifestazioni in piazza Tahrir e
denunciato da attiviste “rapite”, denudate, molestate e violentate con la
tristemente nota tecnica dei “cerchi concentrici”. I traumi irrisolti si
ripresentano in forme patologiche più gravi perché aggrediscono le certezze e
l’autostima. Rispetto ai mesi della Primavera 2011 che segnarono la caduta di
Mubarak, l’assenza di alternative sta azzerando la volontà reattiva della gente
comune. I sogni presto tramontati, gli pseudo-cambiamenti che non mutano nulla
producono scoramento.
Era accaduto con la presidenza Mursi, sta succedendo
con la gestione della “salvezza” voluta dell’omonimo Fronte che si è messo
nelle mani degli “eroici” militari. Così nonostante lo scampato pericolo da un
presunto governo della Shari’a le testimonianze di vivere una realtà oscura e
priva di prospettive, un presente addirittura peggiore di quello dell’era
Mubarak proviene anche da una cospicua parte di coloro che nel giugno scorso
sfilavano coi ‘Tamarod’ e che hanno applaudito l’allontanamento forzato del
presidente della Fratellanza e il suo arresto. Gli psicologi al lavoro parlano
di cittadini ossessionati dalla caduta di aspettative che s’appoggiano sul
fronte secolarista oppure su quello islamico perché non vedono né si danno
alternative. Però fra i primi che cercano nel presente un passato che sembra
impossibile da riprodurre (almeno nei coriacei contorni dei presidenti-raìs) e
i secondi che continuano a piangere martiri e cercare conferme nella propria
storia politica lunga 85 anni, chi appare soddisfatto e intoccabile è
l’apparato statale. Generali, soldati, poliziotti e agenti d’ogni genere,
magistrati e burocrati d’apparato, gli uomini d’ordine che non hanno perso
spazio e terreno, perpetuano radicate lobbies, controllano le vite degli altri
e ne decidono un futuro autodeterminato, patologico o represso.