Allah è davvero grande, se fa uscire da sotto un architrave di cemento armato una neonata col cordoncino ombelicale ancora appeso. Lo sarà ancor di più se aiuterà le migliaia fra volontari, operatori e specialisti dei disastri a salvare altre vite. Bambini o nonni che siano, tutte anime senza colpa che vogliono solo tornare a respirare sotto il sole o la pioggia. Alla piccina ancora senza nome e senza più familiari, schiacciati dai massi dove lei è nata, forse fra anni e anni qualcuno racconterà questa storia triste e di speranza. Lei avrà serbato in qualche angolo dell’inconscio il soffio vitale donatole dalla madre, lo sentirà inconsapevolmente e indistintamente. Certi attimi accompagnano un’intera vita, ogni sopravvissuto della voragine anatolica porterà addosso questo comune sentimento. Si aiuteranno come stanno facendo, urlando di gioia per una vita strappata ai detriti di case accartocciate e diventate antri bui. Mentre i cuori di chi solidarizza con loro battono in sintonia, volendo già recuperare una normalità ancora lontana, perché tutto questo accade a Jandairis, provincia di Aleppo, luoghi asfissiati dalla polvere pirica prima che da quella del cemento. Spazi seviziati dalle bombe d’una guerra che il mondo, ora allarmato e soccorritore, ha rimosso assieme al proprio ceto politico. Non solo quello che detta la legge del sangue in quel Paese vivisezionato, ma fra chi partecipa al funerale del popolo siriano tenendolo profugo e martire, sfibrato e impotente. Sono i vicini potenti e invadenti, gli autocrati globali e pure i padroni delle democrazie a orologeria. Siamo noi occidentali e orientali … Eppure Allah è grande.
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