6.1 poi corretto in 5.9 della scala Richter nelle province orientali afghane di Paktika e Khost hanno fatto, per ora, un migliaio di morti e altrettanti feriti accertati. La terra ha tremato stamane con un epicentro a 46 chilometri dalla città di Khost, verso il confine pakistano. A perdere la vita soprattutto gente dei villaggi, dove le abitazioni non sono certo di cemento ma di pietre e fango, e questo conferma la potenza del sisma. Dall’area di Paktika giungono notizie che gli iniziali aiuti ai fratturati di varia natura vengono portati dagli stessi sopravvissuti, armati di vanghe, pertiche, funi. Dalla capitale sono partiti alcuni elicotteri per soccorrere i feriti più gravi che rischiano di morire per emorragie esterne e interne. Le prime immagini diffuse da Tolo tv, mostrano cumuli di macerie e abitanti che cercano di aiutarsi fra loro. Le scosse di assestamento sono state percepite chiaramente nella stessa Kabul, dove si valutano possibili lesioni delle vecchie case. Ma quel che preoccupa il governo, oltre all’intervento di soccorso con mezzi adeguati, è quale sistemazione fornire alle migliaia di sfollati, viste le carenze d’ogni genere che affliggono il Paese. La rete medica internazionale che da decenni presta servizio in varie province afghane, da Médecins sans Frontières a Emergency, ha messo in allarme le proprie strutture ospedaliere per interventi chirurgici d’urgenza. Del resto questi sono gli unici presidi medici presenti sul territorio nel quale in vent’anni i governi filoccidentali e le missioni Nato, hanno costruito basi militari e nient’altro. Esponenti dell’Emirato, il primo Ministro Akhund, e il coordinatore delle Nazioni Unite per l’Afghanistan, Alakbarov, hanno espresso condoglianze alle famiglie delle vittime, ma esse attendono soprattutto un supporto concreto, che sicuramente ritarderà perché le comunicazioni via terra sono terrificanti causa i conflitti del passato e l’abbandono attuale. E’ dallo scorso autunno che l’intera popolazione afghana è sottoposta allo stress di carenze alimentari dettate principalmente dall’embargo anti talebano imposto dall’amministrazione Biden, che ha anche bloccato i fondi di 9.5 miliardi di depositi nelle banche statunitensi. Bisognerà vedere se la Cooperazione Islamica, che nei mesi scorsi s’era mobilitata per l’allarme alimentare, offrirà un sostegno anche per l’emergenza sismica e post terremoto.
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