Nell’attacco avviato
stamane a Jalalabad presso la sede di una delle multinazionali delle Ong “Save
the Children” i talebani locali fanno sapere di non entrarci nulla. L’hanno
comunicato a Tolo tv, che si occupava dell’ennesimo attentato in terra afghana.
Certo, la località e l’area circostante (le aree tribali note come Fata)
rappresentano una roccaforte storica dei guerriglieri islamici, e se l’assalto
non viene dalle proprie milizie la concorrenza dell’Isis, s’è fatta incalzante.
In casa. Rappresenta un conflitto nel conflitto, consolidato ormai da oltre un
anno, per contendersi il primato della contrapposizione al governo di Kabul. In
questo presente e in un futuro che appaiono pressoché congelati. L’assalto agli
uffici dell’Ong conta per ora due vittime, l’emittente afghana inizialmente ha
citato 12 feriti fra il personale della struttura, ma il numero, come spesso
accade, può salire. Le forze della sicurezza hanno avuto la meglio su tre assalitori
che sono stati uccisi. La rivendicazione talebana è invece giunta per l’hotel
Intercontinental, assalito da un commando sabato scorso. “Siamo stati noi” ha
dichiarato un portavoce talib parlando degli uomini penetrati nella super
vigilata struttura alberghiera sorta su un’altura che s’erge sulla piana della
capitale. In quell’occasione il commando vestiva divise dell’esercito e ha
forzato il blocco di controllo.
I miliziani erano a
conoscenza della pianta dell’hotel, testimoni hanno raccontato che si muovevano
con agilità e sicurezza, sia seminando panico (e morte) fra gli ospiti (si sono
contate 18 vittime e 22 feriti), sia
piazzandosi in punti chiave per sostenere il conflitto a fuoco con le squadre
speciali afghane sopraggiunte per liberare l’edificio. La battaglia è durata
ben 16 ore, mostrando, com’è accaduto in più circostanze, l’alta
specializzazione offensiva dei turbanti contro le titubanze direttive e la
precaria condizione di quei reparti antiguerriglia, cui si dedica il piano
statunitense per la sicurezza afghana sin dai tempi della prima amministrazione
Obama. Colpire obiettivi simili, non strategici sotto un’ottica militare, né
simbolici come palazzi istituzionali e ambasciate, serve ai Talib per
compattare sulla linea del fuoco i propri miliziani, mostrare la precarietà
delle Forze Armate di Kabul, fare terra bruciata di una presenza straniera
d’ogni tipo in Afghanistan. Un Paese in guerra da 39 anni, in un conflitto cangiante
e strisciante durante il quale è da tempo presente un sostegno alle prime
vittime di questa condizione che sono i civili. Per i talebani, e per i
jihadisti dell’Isis che ne insidiano il primato, tutto ciò è insopportabile. Dunque
cercano il terrore diffuso, attaccando in maniera mirata medici e
organizzazioni non governative e colpendo anche nel mucchio com’è accaduto all’Intercontinental.
Nonostante si tratti
d’una struttura pluristellata l’hotel non
è frequentato da turisti, ci sono corrispondenti dei media e uomini d’affari,
più o meno limpidi. E se le infiltrazioni di agenti dei Servizi sono utilizzate
anche per organismi internazionali neutrali, è anche vero che in uno scenario
devastato come quello afghano simili giochi di prestigio si possono ottimamente
fare fuori dal Grand Hotel. Allora lo scopo delle offensive sembra quello di
fare ovunque terra bruciata, instaurando l’angoscia dell’attentato come insicurezza
assoluta per chi opera sul fronte sanitario e di sostegno alle componenti più
deboli: bambini e donne. Colpendo la mega Ong britannica, con filiali operative
in una trentina di nazioni, s’intimoriscono le piccole attività di
cooperazione, comprese quelle interne. Situazioni che abbiamo visitato e descritto - come gli orfanotrofi e i rifugi per donne di Afceco, le scuole di
Opawc a Kabul che si relazionano a
organismi italiani come il Cisda e ‘Insieme si può’ di Belluno - in questi
ultimi anni riscontrano serie difficoltà per far viaggiare cooperatori e attiviste
a sostegno dei progetti che si coniugano a un Afghanistan che rigetta parimenti
l’occupazione imperialista occidentale (cui contribuiamo coi nostri militari) e
il fondamentalismo. In quella che è sempre più oppressa terra di nessuno, taliban
e miliziani Isis uccidono e sorridono.
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