L’ordine
amerikano –
Renzi, il premier che non accetta “diktat
da Bruxelles” lo riceve dalla Casa Bianca, anzi direttamente dal Pentagono
per bocca del segretario alla Difesa statunitense Carter. Così appena Obama
annuncia di lasciare uomini e armi in Afghanistan per tutto l’anno venturo,
Palazzo Chigi rapidamente s’adegua. Settecentocinquanta militari italiani,
tuttora in forza alla Resolute Support
della Nato, resteranno sul suolo afghano. A fare cosa? Sicuramente a prendere
ordini dal comando Usa prolungato d’un anno, tempo utile per investirne
l’elezione presidenziale d’Oltreoceano. In una fase in cui si rimpasta la
fisionomia geostrategica del Medio Oriente piccolo e grande, un disimpegno militare
verrebbe giudicato dall’elettore statunitense medio come una resa a jihadisti e
avversari in genere. Vantaggio che i Democratici non vogliono offrire ai Repubblicani.
Il governo italiano fa da valletto a queste danze. Alla domanda su quali siano
le prospettive del prolungamento della permanenza in Afghanistan nessuno degli
strateghi di Washington risponde. Prendono tempo a vista.
Obiettivi
falliti - Quel
che appare evidente è l’inadeguatezza della costosissima struttura militare
locale, sostenuta, assieme al governo della cosiddetta unità nazionale, dal
Segretario di Stato Kerry. Due flop in un anno solo. La presunta
normalizzazione afghana è una favola buona per la propaganda, i fatti
dimostrano ben altro: tutte le province sono insicure, l’addestramento dell’ANF
non riesce a creare reparti operativi e affidabili, il reclutamento
(incentivato a suon di dollari) e le diserzioni si susseguono a ritmi costanti,
vanificando gli impegni economici e spesso offrendo soldati e armi alla guerriglia talebana. A
fare da pedoni in questa viziosa partita a scacchi ci sono pure i nostri
militi, prevalentemente parà e carabinieri che operano a Kabul ed Herat. Gli
altri centri della missione restano a Mazar-e Sharif, Kandahar, Laghman e
dichiarano tutti un impegno “no combat” cioè non guerreggiante. Il termine
risulta tale prevalentemente nelle belle risoluzioni dei summit. La realtà è
un’altra e l’esempio sanguinoso è recente.
Crimini di
guerra -
Il bombardamento dell’ospedale di Médecins
sans Frontières che ha prodotto morte di civili e distruzioni di strutture
(peraltro sanitarie) veniva da una delle basi statunitensi in loco, quasi sempre
“cinetiche”, come l’attuale linguaggio diversivo dei ministeri della Difesa
definisce le operazioni offensive. A Kunduz la “cinetica” missilistica dell’AC
130 americano ha fatto 22 vittime e centinaia di feriti. MSF richiede
un’indagine estranea ai soggetti coinvolti (US Army e ANF) classificando
l’operazione come crimine di guerra. Ma tre giorni fa un tank americano è
penetrato nell’area dell’ospedale colpito, dov’erano accumulati macerie e
reperti successivi all’attacco, spianando ogni cosa nell’evidente intenzione di
disperdere ogni possibile prova utile all’indagine. Con la presenza
statunitense ogni tentativo d’inseguire la verità verrà vanificato. Perché
questa è l’altra faccia dell’illegalità globale oggi presente in Afghanistan:
il governo fantoccio di Ghani e i protettori occidentali uccidono, usurpano,
corrompono assieme a warlords e talebani vecchi e nuovi.
Occupazioni
definite missioni di pace - L’attuale sopruso attuato contro MSF è in linea con
l’illegalità con cui vennero lanciati Enduring
Freedom e missione Isaf,
giuridicamente fuori da qualsiasi motivazione, compreso l’articolo 51 dello
Statuto delle Nazioni Unite, poiché rivolte a una nazione e un popolo estranei
ad aggressioni e attentati. Non c’erano afghani nel commando che attaccò le
Torri gemelle, né fu mai provata la presenza del saudita Bin Laden a Tora Bora,
che comunque venne pesantemente bombardata, a due mesi dall’invasione
dell’Afghanistan. Dal 7 ottobre 2001 la guerra privata voluta da G.W. Bush e
proseguita da Obama, continua a vedere impegnati i partner europei, sebbene fra
i grandi d’Europa la Francia abbia da due anni aggirato il pantano della
presenza di proprie truppe e la Gran Bretagna lo mediti. Resiste una parte del
partito conservatore, interessata a sostenere gli affari che imprese minerarie
britanniche conducono sul posto.
Impegni e
spese -
L’Italietta è fuori da affari e geostrategie. Come storica “servitù militare”
risponde ai comandi politici della Casa Bianca. Abbiamo ricordato l’impegno
addestrativo rivolto alle truppe afghane, mentre gli uomini utilizzati da Unit
Force 45 potranno essere mobilitati per le azioni più losche e feroci. Restano
attivi anche i piloti della Task Force Air dislocati nelle basi emiratine di Al
Bateen e Al Minhad. Prosegue anche la presenza di Eupol, missione di polizia
per la sicurezza iniziata nel 2007. Scopo: consulenza e formazione per
“soluzioni” ai loro problemi. I costi di Isaf hanno superato i cinque miliardi
di euro, 750 milioni quelli delle missioni estere del 2013, saliti a 860
milioni per i primi nove mesi di quest’anno. In Afghanistan sono stati
impiegati 120 milioni di euro per i militari, 85 per la logistica, 70 per la
cooperazione (il cui finanziamento continua a essere agganciato a baschi ed
elmetti). L’attuale annuncio renziano ha trovato in corsa 59 milioni di euro
fino al 31 dicembre. Per i mesi restanti del 2016 la Finanziaria cercherà
risorse.
Nessun commento:
Posta un commento