Rula - S’è
mobilitata anche la First lady Rula Ghani che sul tema sta sostenendo un marito
impegnatissimo nella fase seguente la sua designazione ufficiale a Presidente.
La nuova leadership afghana per celare-distrarre-alterare la realtà
dell’establishment politico sulla condizione femminile lancia una campagna a
sostegno d’una non meglio precisata “responsabilizzazione” della figura
femminile. L’intento sarebbe quello para modernista di divulgare ciò che un
tempo (durante la monarchia di Zhair Shah) era consentito alla donna: l’impegno
palese e pubblico sul fronte lavorativo. Tutto ciò che una visione restrittiva
dell’Islam corrente, non solo fra i talebani, di fatto impedisce od ostacola. Per
far questo i Ghani s’affidano a una vecchia presenza della discussa e
discutibile famiglia della cooperazione mondiale: la statunitense Usaid. Susan
Markham, rappresentante dell’organizzazione, è stata intervistata da Tolo tv. E
affinché un piano d’aiuti di 216 milioni di dollari si sviluppi, ha ribadito la
necessità di stare alla larga dalla corruzione e operare con strutture
politiche trasparenti d’un governo democratico.
Le buone intenzioni - Se la recita delle buone intenzioni risponde al copione, essa cozza
contro l’ultima farsa politica: le imbrogliate elezioni presidenziali. La sua
evoluzione nelle ultime settimane vede mister Ashraf impegnato su vari fronti,
quelli che maggiormente contano sono ovviamente l’occidental-statunitense, cui appartiene
anche l’iniziativa “Promote“ targata Usaid e l’asiatico, incentrato sui
rapporti economici con la Cina. Dopo il recente viaggio a Pechino, Ghani
parteciperà all’assise del Saarc (South
Asian Association Regional Cooperation) prevista il 23 novembre. L’aiuto
alle donne prevede che 75.000 di loro possano impostare una carriera e scalarla
nei propri settori d’intervento. E’ un passo, che potrebbe però accondiscendere
alla limitazione settoriale, rivolta a elementi d’apparato come le attuali
parlamentari afghane ben poco disposte a svelare i risvolti del potere che colleghi,
ministri, funzionari, affaristi utilizzano contro il genere femminile. E
discriminare la gran massa delle donne del Paese. Inoltre la
libano-statunitense Rula, vicina al marito all’epoca del suo lavoro presso la
Banca Mondiale, nell’intervento sulla realtà del Paese lancia un assist agli
amichevoli aiuti di Usaid. Sui quali è bene meditare.
Usaid, nel segno del
comando – La United
States Agency for International Development ha nel suo dna uno scopo
preciso derivato dal Foreign Assistence
Act che il presidente John Fitzgerald Kennedy avviò nel 1961. In tal modo
il sostegno economico, tecnico, sociale verso altre nazioni diventa una seconda
arma da accoppiare a quella militare, un ulteriore supporto alla dottrina
Roosevelt sulla supremazia e il controllo statunitense nel mondo. Export-import Bank, Development loan fund,
International Cooperation Administration fungevano egregiamente da maschera
per i suddetti fini. Senza seguire gli oltre sessant’anni di onorato servizio
per la Casa Bianca ci riferiamo a qualche vicenda che ha coinvolto l’importante
struttura in Afghanistan secondo quanto già rivelato da giornalisti che hanno
narrato certe “imprese” di questa grande Impresa. Gli abusi più recenti in
terra afghana spesso sono descritti dalla sola stampa locale: da Kabul Presse
si riscontra nel 2007 un inefficace e inadeguato utilizzo di 240 milioni di
dollari per il supporto all’agricoltura nel nord e sud del Paese.
Ammanchi, scandali,
stravaganze - Nel 2010 24 milioni di dollari investiti per
una legge di stabilizzazione dei servizi presero altre vie. La pubblicizzazione
del misfatto fece muovere un assistente del Segretario di Stato Usa, i vertici
di Usaid si giustificarono e partì un’inchiesta di cui però a tutt’oggi mancano
le conclusioni. Nello stesso periodo non si riusciva a comprendere la
destinazione di 3.8 milioni di dollari, nessuno spiegava come il denaro fosse
stato o venisse al momento utilizzato a Kabul e dintorni. Crebbero i sospetti
di cattiva amministrazione e collusione con presunte Ong locali gestite da
mafiosi e signori della guerra e degli affari. Anche in questo caso trasparenza
e verità sono rimasti concetti vaghi. Piuttosto chiacchierate altre iniziative:
la fornitura, lautamente pagata, d’interpreti in dari e pashtun a truppe della
“Mission essential personal”, una struttura di contractor che lavorava per il
Pentagono. In svariate occasioni gli interpreti non furono in grado di tradurre
correttamente gli avvertimenti su imboscate subìte dalle milizie mercenarie per
mano talebana. E ancora: le stravaganze di pagare coi fondi pubblici compagnìe
di danza da spedire fra i militari, seppure non ci fosse nessuna Marylin a
ipnotizzare le truppe.
Spreco di denaro – Il quadro, tutt’altro che edificante, s’arricchisce di ulteriori
cadute con la nota di copiose unità d’impiegati inoccupati, tenuti in sede o
inviati sul territorio afghano a far nulla, riscuotendo però emolumenti
accresciuti dall’indennità di “rischio”. Coloro che per coscienza o
indignazione denunciavano sperperi e paradossi hanno subìto ritorsioni ed è
utile sapere come l’andamento sia rimasto inalterato sotto le amministrazioni
Repubblicana e Democratica. Nonostante le promesse di pulizia e le buone intenzioni
corpo e spirito di Usaid non sono mai cambiati, così nel 2010 un altro report evidenziava
l’addestramento dei giudici afghani affidata a un’unica azienda senza indire
gare d’appalto. Cifra prevista: 24,5 milioni di dollari, spesi senza controlli né
conseguenze. Precedenti progetti (fattorie per l’allevamento di pollame)
s’erano rivelati clamorosi flop e i vertici dell’organismo non hanno mai
spiegato i motivi per cui 145 fattorie su 180 avessero rifiutato d’investire
nel business dell’allevamento. Le scelte di Usaid sono state criticate anche
per la distrazione di denaro da obiettivi primari come quelli alimentari, visto
che tuttora un terzo della popolazione afghana consuma un pasto al giorno.
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