Lo show
delle presidenziali
deve proseguire. Perciò l’intoppo dell’intercettazione telefonica (sì, anche
lì) per quanto di parte e realizzata dallo staff di Abdullah nei confronti del
segretario della Commissione Elettorale Indipendente incastra mister Zia-ul-Haq
Amarkhail. All’improvvido funzionario, pizzicato in un confidenziale colloquio
con cui tranquillizzava alcuni sostenitori di Ghani su un’operazione non proprio
trasparente riguardante un trasporto di urne di schede votate (è in questo modo
che possono essere facilmente sostituite), è stato consigliato di farsi da
parte. Lui obbedisce, reclamando una candida innocenza. Di fatto il coinvolgimento
in operazioni non chiare a favore d’un candidato gettano ombre sul protagonista
della vicenda, sulla Commissione tutta e su entrambi i contendenti. Ad aprile era
stato Ghani a gridare al raggiro. Ora potrebbe aver fatto di necessità virtù,
cercando la via breve per quelle truffe che subodorava ai suoi danni e che
avrebbe bypassato cambiando ruolo. Ma in fatto di brogli il confronto fra gli
aspiranti alla presidenza appare uno scontro di Titani. Ciascuno è pronto ad
accusare manchevolezze, non certo a praticare comportamenti virtuosi; non è un
caso che i clan contrapposti abbiano rimorchiato o si siano affratellati con la
crema del crimine afghano: Sherzai, Sayyaf, Hekmatyar, Mohaqqeq, Helal, Dostum.
Le elezioni,
soprattutto se dipinte come un reale confronto democratico, sono la perfetta
maschera dietro la quale nascondere una rioccupazione del potere locale tramite
un presidente fantoccio disposto ad accondiscendere i voleri occidentali o di
altri padrini. Questi sul versante economico possono essere i cinesi, su quello
geostrategico locale pakistani e iraniani. Dietro la recita elettorale sono
tuttora in corso accordi che produrranno, chiunque risulterà vincitore,
interessi per vari attori internazionali e locali fino ai gruppi minori che praticano
i propri affari appoggiandosi ai Signori della guerra. In tal senso c’è da
pensare che lo stesso allarme lanciato da Abdullah non sia nient’altro che un
riflesso condizionato da comportamenti diffusi e reiterati di cui ogni
componente diventa, secondo il caso, usurpatore o vittima. Il bisogno di
ristabilire l’equilibrio attraverso l’allontanamento di Amarkhail dal ruolo di
supervisore della macchina elettorale assume i contorni del doppismo proprio
leggendo le valutazioni d’un organismo delle Nazioni Unite, l’United Nation Asssistence Mission in
Afghanistan, che in certi casi lavora con serietà denunciando storture. L’Unama ritiene “la direzione del capo della segreteria elettorale capace e anche più
avanzata di quanto previsto”. Eppure il reprobo viene dismesso nella
speranza che la farsa sia più credibile.
Abdullah è soddisfatto e afferma che il processo
elettorale sta rientrando sui giusti binari, Ghani tace e probabilmente
acconsente. Vincerà il migliore. Nell’imbrogliare, s’intende.
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