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lunedì 14 aprile 2014

Presidenziali afghane: Abdullah è in testa e non lamenta brogli


Il doppio binario sul quale si convogliano le notizie delle presidenziali afghane offre uno scenario ondivago. I brogli segnalati sono tanti, tantissimi, minori comunque a quelli registrati nel 2009 quando Abdullah Abdullah attuò il clamoroso gesto di ritirarsi dal ballottaggio contro Karzai. Forse ora non lo ripeterà, visto che le prime note dello spoglio che comprende 26 delle 34 province, fra cui Kabul, lo danno in testa col 41,9% su Ghani al 37,6%. Le schede conteggiate sono poco più di 600.000, sui 7 milioni e duecentomila votanti, ma potrebbero indicare una tendenza. Staccatissimo un candidato di spicco come Rassoul (9,8%) che aveva raccolto dichiarazioni di sostegno a tutto tondo fra capi tribù d’etnìa pashtun, qualche signore della guerra e soprattutto il signore dell’Afghanistan negli anni dell’occupazione Isaf: il presidente uscente Karzai. Se Rassoul dovesse restare al palo ed essere escluso dal ballottaggio il piano di continuità che Hamid s’assegnava come supervisore esterno dell’affarismo politico-economico troverebbe intralci. Più se venisse eletto Abdullah, resosi per le citate vicende di cinque anni or sono suo esplicito nemico, che se il neo presidente diventasse Ghani.

Quest’ultimo è un tecnocrate formato negli Stati Uniti che ha lavorato anche per la Banca Mondiale ed è ben visto a Washington. Non ci sarebbe da stupirsi se dopo aver spremuto al massimo i suoi voti dalle urne, con ogni metodo possibile come s’usa fare nei seggi afghani, fosse lui il prescelto per guidare il Paese, ricevendo l’appoggio di americani e anche d’un livoroso Karzai che lo sosterrebbe pur di ostacolare l’ascesa di Abdullah. Ma il dottore (Abdullah esercita da medico) non è un pivello ed è assai scaltro. Durante l’intero secondo mandato dello storico avversario è rimasto sempre attivo sulla scena politica, stabilendo rapporti personali e prossimità coi capibastone dell’affarismo locale e signori della guerra che pure si sono presentati alle elezioni (Sayyaf, che raccoglie per ora il 5,1%, Sherzai). Nel momento della polarizzazione anche lui riceverebbe l’assenso d’una parte degli elettori controllati da questi candidati. Eppure già nelle dichiarazioni di commento lancia il cuore oltre l’evidenza, affermando, col solito sorriso sornione ,che magari a spoglio concluso non ci sarà bisogno di ballottaggio. Ghani sentendo puzza di bruciato gli ha risposto per le rime. 

Ha richiesto al responsabile della Commissione elettorale Nuristani di separare i voti validi da quelli nulli, cosa non accaduta finora, perciò nei dati forniti sono presenti anche schede che potranno (potrebbero) venire annullate. La Commissione lavora da giorni per accertare la validità dei ricorsi che sono stati 3.274, ne sono stati accettati poco più di 1.800 e si prosegue la ricerca delle cause, spesso vere talvolta fittizie. La battaglia elettorale si combatte con ogni mezzo e può accadere che brogli reali vengano coperti oppure passino inosservati. Nella democrazia del voto afghano c’è di tutto.

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