Nelle opinioni contro riportate dal quotidiano Le Monde sull’odierno panorama afghano spiccano le indignate dichiarazioni d’un diplomatico occidentale di cui non si rivelano generalità e nazionalità: “Loro (i taliban, nda) non governano affatto. La sola cosa che hanno messo in piazza dopo dieci mesi è la polizia religiosa, incaricata di far rispettare la Shari’a. Essi dispongono solo d’un quarto dei fondi del precedente governo, ma non hanno scusanti: non hanno nulla da lanciare riguardo a fiscalità, agricoltura, trasporti, infrastrutture, energia”. Agli occhi di qualsiasi abitante locale l’affermazione appare senza tempo, visto che questo è il quadro del Paese non da dieci mesi ma da decenni. Nel pur indiretto dialogo fra sordi il portavoce del famigerato Khalid Hanafi, ministro per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio dice: “Il nostro ministero è il più importante insieme a quelli dell’Interno e della Difesa (per la cronaca rispettivamente guidati da due uomini duri e puri dell’Emirato: il capo dell’omonimo clan Sirajuddin Haqqani e Mohammad Yaqoob, figlio del mullah Omar, nda). La lotta per la Shari’a era già uno dei pilastri durante il ventennio di guerra. Noi siamo stati invasi anche culturalmente e bisogna ristabilire il valore di certi princìpi, soprattutto nelle città”. Avanguardie di questa “campagna” che i turbanti considerano una guerra “morale” sono settemila addetti del ministero, quasi sempre miliziani e guerriglieri e dunque elementi più votati all’azione che a riflessione e insegnamento. Certo, nei pattugliamenti sono accompagnati da qualche ‘dottore spirituale’ che calza il turbate nero simbolo della saggezza d’un rango superiore. Dalla sede dell’ex ministero degli Affari Femminili dove si sono installati dallo scorso settembre, i controllori della purezza perlustrano strade, piazze e altri luoghi, ammonendo e, in vari casi, punendo peccatrici e peccatori poiché trovano parecchie situazioni “irregolari”.
Al di là della vestizione del burqa, al quale da qualche mese sfuggono ben poche donne afghane, diverse di loro fermate per strada non riescono a giustificare l’uscita di casa senza un uomo al fianco. Quando la motivazione viene enunciata da una vedova la contraddizione stride, ma lei anche se va al mercato si sente rispondere che la sua condizione non la esime dall’essere accompagnata da un uomo di famiglia. Se quest’ultimo non fosse disponibile, la donna può tranquillamente restare in casa… Non c’è angolo che sfugge a verifiche, le scuole godono del privilegio di simili “visite”. Nel marzo scorso prima della mancata riapertura degli istituti femminili, “spiegato” col ritardo del confezionamento di uniformi per le studentesse peraltro mai consegnate, questi luoghi venivano setacciati periodicamente. Ora si continua con gli istituti maschili. Incursioni anche nelle sale per i ricevimenti matrimoniali. I gestori lamentano autorizzazioni più restrittive che riducono il numero dei clienti, riduzioni addirittura dimezzate e non per distanziamenti preventivi ai contagi da Covid. Nelle sale dei festeggiamenti sono obbligatori ambienti separati per uomini e donne, una situazione che si ripete nei luoghi pubblici, dai parchi agli spazi all’aperto. In alcuni casi c’è turnazione, ma il giorno santo del venerdì, la preghiera in moschea è riservata ai fedeli di sesso maschile. Eppure nella contraddittorietà di quanto oggi si dice e si fa, trapela qualche passo meno restrittivo: i taliban stanno impedendo la radicata forma tribale della pacificazione fra clan nemici col matrimonio, ovviamente forzato, d’una giovane sposa. Gli studenti coranici dicono non è contemplato dalla Shari’a. Inoltre un decreto del mullah Akhunndzada prevede che una vedova possa ereditare il diritto di una donna della famiglia di scegliere il marito. Non c’è da stupirsi, al ministero della Virtù sostengono che l’Emirato non è più quello del 1996. Ma certe attiviste afghane scuotono la testa: è propaganda – ammoniscono – come quella sotto i regimi Karzai e Ghani che proclamavano la difesa delle donne, ma lasciavano campo libero ai fondamentalisti. Eppure i funzionari occidentali, sopravvissuti all’occupazione Nato, pensano che in quegli anni si stesse benone.