Nella biografia che la quarantenne Federica Mogherini ha fatto girare
alla Camera dei Deputati e alla Farnesina, di cui dirige il dicastero, accanto
alle note personali: sposata e mamma di
due bimbe, c’è il curriculum di studi (maturità classica e laurea magna cum
laude in Scienze Politiche, con tesi sull'Islam politico fatta durante
l'Erasmus all'Istitut de Recherche e d'Etudes sur le Monde Arabe et la
Mediterranee (Irem) di Aix-en-Province). C’è l’imprimatur politico: è dal 2008
parlamentare del Partito Democratico e presidente della delegazione italiana all'Assemblea
Parlamentare Nato, più membro della Commissione Esteri e della Commissione
Difesa della Camera. Per il Pd finora ha seguito i temi della globalizzazione,
nel Dipartimento esteri, e fa parte della Direzione nazionale. Negli anni degli
studi è stata vicepresidente dell’European
Youth Forum e della Ecosy
(l'organizzazione dei giovani socialisti europei), membro della Segreteria del
Forum della Gioventù della Fao, responsabile Università e poi Esteri della
Sinistra giovanile. Negli anni '90 ha seguito, da volontaria Arci, le campagne
nazionali ed europee contro il razzismo e la xenofobia ("Nero e non
solo!" e "All different, all equal" del Consiglio d'Europa.
E’ inoltre socia
dell’Istituto Affari Internazionali, membro del Consiglio per le relazioni fra
Italia e Stati Uniti e “fellow” del German
Marshall Fund for the United States. Fa parte del Consiglio dell'European Leadership Network for
Multilateral Nuclear Disarmament and Non-Proliferation (Eln) e del
Consiglio Internazionale della rete dei Parlamentari per la Non-proliferazione
e il Disarmo Nucleare (Pnnd). Un perfetto curriculum, più prestigioso di altri
rampanti colleghi, di partito e non, che nella politica vedono una formidabile
via per una personale carriera. Eppure alla lituana Dalya
Gribauskaite tutto questo non basta. Anzi. Ha palesato ogni contrarietà sulla
persona dicendo alla propria radio nazionale: "Vediamo che alcuni candidati esprimono apertamente le loro opinioni
pro-Cremlino. Naturalmente, tali candidati sono totalmente inaccettabili per il
nostro gruppo di paesi". Poi a Bruxelles ha aggiunto: "Sosterrò solo una personalità che abbia
esperienza di politica estera, che sia neutrale, rifletta le posizioni di tutti
e 28 gli Stati membri e non sia filo-Cremlino". Già l’esperienza
politica, in questo caso internazionale. E’ uno dei temi uscito dalla sfilza di
domande poste al Presidente del Parlamento europeo Martin Schultz nella conferenza
stampa di ieri.
Lui, oltre a difendere la candidata Mogherini sostenendo
di parlare nella veste istituzionale e non a nome del partito socialista
europeo, ha tenuto botta ai dubbi di diversi rappresentanti dei media (non solo
d’area baltica) sul nome dell’esponente italiana che Renzi vuole per dare
prestigio e rafforzare il suo semestre a Bruxelles. Nonostante la difesa
d’ufficio, davanti alle diffuse perplessità che sottolineavano carenza d’esperienza
e autorevolezza della nostra esponente per il ruolo di Alto Commissario per le
Politiche Europee in un globo che continua ad aumentare la sua incandescenza, è
giunta la fumata nera che ha messo di malumore Renzi. Il premier, nel suo
stile, ha lanciato una battuta affermando che in mancanza d’accordo bastava un
sms e nessuno si sarebbe scomodato per venire a Bruxelles. Un bel proposito per
chi in quel luogo dev’essere di casa per sei mesi… Perciò non è servita a una
smarrita Mogherini la visita a Gerusalemme e Ramallah ai leader Netanyahu e Abu
Mazen, nel pieno dell’ennesima tragedia che vede l’esercito d’Israele rilanciare
stragi di civili su Gaza. Non sono servite le foto al museo dell’Olocausto e le
immagini diffuse da molti media italiani.
Sul presunto orientamento filorusso della candidata
Mogherini, insinuato dalla Gribauskaite, non abbiamo dichiarazioni dell’interessata. Magari, oltre a
sostenere il piano South Stream che taglia via i paesi baltici da qualsiasi
passaggio di gasdotti, la ministra negli ultimi tempi avrà rivolto a est uno
sguardo e una vicinanza d’intenti che finora l’hanno condotta esclusivamente a
ovest. Nell’ovest per eccellenza: quello che varca l’Oceano. Essere vicina al German
Marshall Fund for the United States, struttura
ovviamente “apartitica” statunitense fondata nel 1972 per il 25° anniversario
del piano Marshall, significa aderire al pensiero dei think thank lì formati
che si occupano di promozione e cooperazione fra Stati Uniti ed Europa, nelle
sedi di Washington, Berlino, Parigi, Bruxelles, Varsavia, Belgrado, Ankara. Per
quel che è dato sapere l’organismo sta finanziando studi per il “buon governo e
la democrazia” nell’area sud balcanica, ma non siamo in grado di dirvi se queste
attenzioni fossero già presenti all’inizio dei Novanta, all’epoca del
cancelliere Helmut Kohl, una delle menti, insieme al papa Santo, del singulto
nazionale che dalla Slovenia è tracimato a sud diventando guerra
etnico-religiosa e massacro. Certo i temi della sicurezza restano al centro
dell’attenzione democratica degli strateghi politici che lì si formano e studiano.
Questioni come: preservare la Nato per la difesa del 21° secolo o il ruolo
dello spionaggio (in relazione alla tensione fra Usa e Germania su chi
controlla chi). La “fellow” e ministra Mogherini prende appunti su tutto ciò.
A meno che non si sia iscritta, all’insaputa dei colleghi d’istituto e di
partito, anche in qualche scuola geostrategica moscovita.